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Blumenson Salerno to Cassino
Mar Gen 03, 2012 4:44 pm Da saverio
Navigando in internet mi sono imbattuto nella versione on line del libro di Blumenson:
http://www.ibiblio.org/hyperwar/USA/USA-MTO-Salerno/index.html#index
spero di aver fatto cosa gradita.
ciao a tutti
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FIGARO 'Storia di un partigiano del sud' di Luca Cifarelli
Lun Set 05, 2011 5:34 pm Da Valentino Rossetti
Conflitti armati inevitabilmente restituiscono memorie individuali e collettive.
Luca Cifarelli nel Suo Figaro, (Florestano Bari 2011) romanzo dedicato al proprio nonno materno, (Minguccio barbiere molfettese), rende perfettamente l'idea dei …
Luca Cifarelli nel Suo Figaro, (Florestano Bari 2011) romanzo dedicato al proprio nonno materno, (Minguccio barbiere molfettese), rende perfettamente l'idea dei …
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Grande stampa e cattiva informazione
Dom Giu 26, 2011 5:33 pm Da Balestrino
Inoltro alla vostra attenzione il post di un blog che segnala come sul Corriere della Sera una foto dei soldati tedeschi che trasportavano a Castel Sant'Angelo le opere d'arte di Montecassino sia stata confusa con quella di una razzia d'arte. In …
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ristampa di Rudolf Boehmler "Montecassino"
Ven Apr 22, 2011 1:27 pm Da von senger
Cera da aspettarselo, è stato ristampato il mitico e fino a ora introvabile libro di Rudolf Boehmler "Montecassino". Lo trovate qui:
http://uominiearmi.blogspot.com/2010/11/monte-cassino-di-rudolf-bohmler.html
Il prezzo di 35.00€ è …
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Oggi, sessantacinque anni fa
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Oggi, sessantacinque anni fa
Balestrino - provenienza: Genova
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08/04/2009 20.28
Oggetto: Oggi, sessantacinque anni fa
Sessantacinque anni fa, oggi era la vigilia di Pasqua. L'8 aprile 1944, Sabato Santo, i marinai del San Marco stavano per arrivare al fronte di Cassino. Venivano da tre giorni in treno, dalla Puglia a Napoli, e avrebbero trascorso questo giorno e il giorno di Pasqua a piedi e in autocarro per raggiungere la prima linea (“Dopo tre giorni di strada ferrata / ed altri due di lungo cammino / siamo alfin giunti al fronte di Cassino / e a ciel sereno ci tocca di dormir”).
Nel 65° anniversario di quegli eventi vorrei ricordare quel giorno con la descrizione che ne dà il reduce Luigi Cavinato nelle sue memorie:
“Al mattino [N.B.: è il mattino dell'8 aprile 1944] ci danno del caffè e gallette molto dure, che noi mastichiamo lo stesso.
Arrivano dei grossi autocarri alleati, attrezzati con panche tutto intorno; vi saliamo, con tutto il nostro bagaglio e, passando per Caserta, raggiungiamo Venafro, in provincia di Campobasso.
Siamo, oramai, in zona di operazioni; infatti c'è un grande movimento di automezzi, camionette, autoblindo e grosse jeep, che si muovono in un grande spiazzo adibito a deposito e parcheggio.
Sostiamo qualche ora per il rancio e poi di nuovo verso nord, ma su automezzi più piccoli.
Durante il viaggio, per strade sempre più tortuose e strette, ci fanno da battistrada un ufficiale inglese, al volante di una jeep, con a fianco il nostro comandante di compagnia, capitano Danza. Comincia a far buio e piove, quando lasciamo Venafro.
Gli automezzi procedono in stretta fila indiana e noi tutti siamo silenziosi e immersi nei nostri pensieri.
In piena notte [N.B.: è la notte fra l'8 e il 9 aprile 1944], dopo continue soste e sotto una pioggia persistente e fredda, raggiungiamo Acquafondata poi, verso il mattino, Vallerotonda.
Ora siamo in piena zona di operazioni, vicino al fronte di Montecassino. L'Abbazia è già stata bombardata, il 15/2/1944 e, nonostante ciò, l'arroccamento dei tedeschi fra quelle montagne blocca gli alleati, da molti mesi.”
Balestrino - provenienza: Genova
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09/04/2009 08.36
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Nel 1944 oggi era Pasqua. Così Luigi Cavinato ricorda quel giorno di festa:
"Da Vallerotonda procediamo a piedi, mentre continua a piovere, ma, per fortuna, siamo bene equipaggiati con divise inglesi, che respingono bene l'acqua.
Cominciamo a sentire, sempre più distintamente, man mano che saliamo, il rombo sordo del cannone che rimbomba fra le montagne ed il crepitare delle mitragliatrici.
Nessuno di noi dice una parola, si ode solo il nostro ansimare, per la fatica.
Questo è il momento peggiore, perché non sai cosa ti aspetta: sei solo, con la tua paura, e senti che il coraggio nessuno te lo può infondere come asserisce il Manzoni, per bocca di Don Abbondio, che dice: “se uno il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare”.
Il Capitano, anche lui silenzioso, talora si affianca a noi e poi si rimette alla testa della Compagnia, assieme all'ufficiale inglese.
Si è fatto giorno, intanto [N.B.: è il 9 aprile 1944, giorno di Pasqua], ma il cielo è plumbeo e continua a piovigginare.
Raggiungiamo Valvori che, come latitudine, si trova un po' più a nord di Cassino.
Improvvisamente arrivano i primi colpi di mortaio, quindi i primi tuffi al cuore, ma anche i primi tuffi a terra, anche se non è necessario data la distanza delle esplosioni.
Verso mezzogiorno ci distribuiscono qualcosa da mangiare.
Intorno ci sono poche case di montagna, fatte di sassi, completamente disabitate e in parte diroccate dalle cannonate.
Al riparo di una scarpata, ci fermiamo per un po' di riposo e per la consegna delle munizioni.
Qui rimaniamo acquattati, fino al sopraggiungere del buio, mentre i colpi di mortaio esplodono più in basso.
Pur molto stanchi, bisogna proseguire, rimetterci in marcia, in stretta fila indiana per non perderci, ciascuno con il suo pesante fardello in spalla.
Dobbiamo salire verso Monte Cicurro, a quota 508.
C'è, in verità, un po' di confusione, perché gli ordini vengono impartiti da un ufficiale inglese, nella sua lingua ed il nostro Capitano stenta a capirli.
Noi diamo il cambio ad una Compagnia di soldati neozelandesi, della 8a Armata.
La 3a Compagnia Fucilieri, cui io appartengo, si attesta appena al di sotto di una cresta che si snoda a destra e sinistra del monte Cicurro.
Ci fanno sistemare dentro una lunga trincea, in parte coperta, che in certi punti dà, attraverso feritoie, su un'ampia valle cosparsa qua e là da macchie di vegetazione. E' la terra di nessuno, dove si scontrano, in perlustrazione, le pattuglie dell'una e dell'altra parte.
L'esercito alleato, pur in superiorità di uomini e di mezzi, non riesce a sfondare e si è assestato in una logorante guerra di posizione, in cui i tedeschi hanno buon gioco.
A noi tocca tenere tutta la quota di M.te Cicurro, importante punto di osservazione, per controllare le mosse dei terribili semoventi tedeschi, che martellano in continuazione le linee alleate."
Balestrino - provenienza: Genova
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10/04/2009 00.42
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
[10 aprile, parte 1]
Terminata la sistemazione sulle nuove posizioni, il 10 aprile arrivarono le congratulazioni britanniche. Citiamo dal libro “E i marinai scesero dalla navi” di L. Fulvi, edito dal Centro di Storia della Guerra di Liberazione: “...la sistemazione era stata completata, e nonostante l'oscurità, le avverse condizioni atmosferiche e la difficoltà della lingua, tutto era avvenuto in buon ordine e senza incidenti. Ciò sarebbe stato l'indomani [10 aprile] motivo di compiacimento ed elogio da parte del Comando Britannico”.
Se a prima vista i complimenti possono sembrare eccessivi, è bene leggere il Diario di Guerra del Reggimento canadese Westminsters, cui il San Marco era aggregato e che completò la stessa manovra nella stessa zona il giorno dopo: “La sostituzione dei reparti precedenti durante la notte dell'11 Aprile [da parte del Westminsters] fu uno dei compiti più ardui e fisicamente sfibranti che mai capitarono al Reggimento” (“The takeover on the night of April 11th from the previous tenants ... was one of the most arduous and physically exhausting that ever fell to the Regiment's lot” [J.E. Oldfield, The Westminsters' War Diary, Mitchell Press Ltd, Vancouver, 1964].
Vorrei inoltre ricordare che nello stesso giorno (all'alba del 10 aprile) più a est, su Monte Marrone, gli Alpini del Battaglione Piemonte tennero le loro posizioni contro un forte attacco di Gebirgsjager tedeschi, in cui morì il sergente maggiore Mario Falubba (fonte: G. Moro, “La vita avventurosa di Gianni Ras”, edizione privata). Scrive Agostino Degli Espinosa ne “Il Regno del Sud”, Migliaresi, Roma, 1946: “E nella stessa notte sul 10 [aprile], forse mentre pensavano alla Pasqua appena finita, gli alpini che difendevano il monte [Marrone] furono fatti segno ad un violento contrattacco tedesco. Ma alla mattina del 10 essi erano ancora sulla cima, e i tedeschi si erano ritirati lasciando morti e feriti e prigionieri. Al comando del corpo giunsero immediatamente le congratulazioni del generale Leese, comandante l'8a Armata, e del generale Anders, dai quali il Raggruppamento dipendeva...”. La conquista di Monte Marrone era stata citata dal Times il 3 aprile precedente: “Monte Marrone, tre miglia ad ovest della Rocchetta, nel settore nord di Cassino, è stato occupato dalle truppe italiane, le quali ultimamente avevano conquistato anche la cima di Castelnuovo, circa un miglio al sud-est; queste alture sono di qualche importanza in questa zona montuosa” [The Times, citato da A. Degli Espinosa, ibidem]
Balestrino - provenienza: Genova
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10/04/2009 00.42
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
[10 aprile, parte 2]
Giova a questo punto farsi un'idea dell'organizzazione e dello schieramento del San Marco a Cassino. Citiamo sempre dal libro di Fulvi: “Il settore affidato al San Marco era lungo poco più di 2 Km. e confinava a destra e a sinistra con posizioni tenute dai reparti dell'8a Armata di varie nazionalità. Dietro le posizioni del San Marco, in seconda linea, postazioni di mortai e di artiglieria canadesi, neozelandesi ed indiane. Il fronte del Bafile [N.B.: l'allora unico Battaglione operativo del Reggimento San Marco] era organizzato come segue: due compagnie tenevano la linea, la terza era di rincalzo; rientro in linea dopo dieci giorni per quella in tale posizione. In linea una compagnia presidiava la testa di ponte sulla riva destra del Rapido; comando di compagnia a Valvori, con un plotone a protezione, un plotone guarniva la postazione di Monte Cicurro, a nord ovest dell'abitato; un altro plotone con base a Mulino del Vado sul fiume presidiava le postazioni scaglionate su tre alture vicine indicate come quota 954, che fungeva anche da osservatorio, quota 508 e quota 907. Le postazioni erano defilate al tiro diretto (ma, ovviamente, non a quello dei mortai) il terreno fra l'una e l'altro era invece scoperto. Inoltre la distanza fra una postazione e l'altra era abbastanza grande quindi, onde impedire infiltrazioni durante la notte e con nebbia, occorreva integrare l'osservazione con frequenti pattugliamenti. I collegamenti erano assicurati a mezzo di una rete telefonica da campo installata dai britannici ed integrata con i buoni apparati R.T.F. Mod. 2 previsti per le Forze da Sbarco della Regia Marina. L'area a cavallo del Rapido era la più difficile ed esposta, mentre lo era meno quella più a nord, al di qua del Rapido, nella valle detta dell'Ancina, presidiata dall'altra compagnia in linea. Anche tale area prevedeva alcune postazioni, ma esse erano meno esposte e più lontane dalla linea tedesca, dalla quale erano separate da un'ampia fascia di terra di nessuno. La compagnia di rincalzo era sistemata a circa due chilometri dal fiume, accampata presso un cascinale dove era installato il comando tattico del battaglione, a poco più di un chilometro dal grazioso paesino di Vallerotonda. I mortai e le mitragliatrici pesanti furono piazzati tutti al di qua del Rapido. I primi in posizione adatta per battere le postazioni tedesche quando esse venivano individuate o in caso di iniziative nemiche; le mitragliatrici nei punti idonei a battere d'infilata o con opportuni incroci di fuochi le possibili vie di penetrazione. Anche queste armi pesanti erano però a distanza di tiro dal nemico e si era resa perciò necessaria un'accurata mimetizzazione. Il plotone “esploratori” o “arditi” come tutti lo chiamavano non era dislocato in linea ma tutte le notti era quasi totalmente impiegato in azioni di pattuglia. Le posizioni della testa di ponte ed anche quelle al di qua del fiume venivano costantemente attaccate, specialmente di notte, da consistenti pattuglie nemiche. Si rendeva necessario dunque, oltre allo svolgimento di una continua attenta osservazione per controllare i movimenti dell'avversario, difendersi dagli attacchi e svolgere attività di pattuaglia oltre la propria fronte, sia per contrastare le analoghe iniziative nemiche, sia per acquisire informazioni sullo schieramento tedesco.”
Balestrino - provenienza: Genova
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11/04/2009 00.24
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Sessantacinque anni fa in data di oggi il San Marco contava il suo primo caduto sul fronte di Cassino. Riferisce scarnamente L. Fulvi (opera citata, v. sopra): “Un duro scontro di una nostra pattuglia di arditi svolto nella notte fra il primo e il secondo giorno di permanenza in linea comportò la morte, l'11 aprile, di un valoroso marinaio torinese, l'ardito Domenico Cortese, che fu il primo caduto del fronte di Cassino”. La sepoltura dell'ardito Cortese si può vedere nella foto, tratta dal libro di Fulvi, su questo sito all'indirizzo [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
Sulla croce si possono leggere le parole: CORTESE DOMENICO, MA [matricola]12605 [o forse 42605?]. REGG. S. MARCO 1° BATG BAFILE PLOTONE ARDITO. CADUTO IN COMBATTIMENTO Q. 479 M. CICURRO 11-4-944
Sulla croce, in alto sotto l'elmo, si vede un gladio coronato da serti di fronde, distintivo degli Arditi fin dalla Prima Guerra Mondiale (cfr. [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
La data in cui Domenico Cortese è caduto è certa, perché la si legge anche sulla croce tombale ritratta nella foto. Invece, nel resoconto di Fulvi c'è probabilmente un errore, perché la notte sull'11 era quella fra il secondo e il terzo giorno di permanenza in linea, non fra il primo e il secondo. Probabilmente Fulvi aveva ancora il ricordo di come il San Marco avesse subito perdite non appena giunto in prima linea, e ne ha tratto questa probabile piccola imprecisione.
Antonio Ricchezza nell'opera “La verità sulla battaglia di Cassino” (Pozzo, Torino, 1958) riporta un elenco dei caduti italiani nella Guerra di Liberazione. Alle pagine 48-49 erroneamente elenca i caduti del San Marco fra quelli della Divisione Paracadutisti “Nembo” e fra gli altri cita anche l'ardito Domenico Cortese, indicato come “Art. [Lapsus calami invece di Ard.=Ardito?] CORTENSE Domenico”. E' il primo nome dell'elenco dei Caduti del San Marco. Molti altri purtroppo lo seguono, e a tutti va il nostro grato ricordo di uomini liberi.
Balestrino - provenienza: Genova
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12/04/2009 10.32
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Sessantacinque anni fa ieri sera (in realtà era ancora l'11 aprile, tecnicamente parlando) sul fronte di Cassino l'Intelligence del XIII° Corpo d'Armata britannico (da cui il Bafile dipendeva) compilò come ogni sera una relazione riguardante l'attività dell'artiglieria tedesca fra le 18,00 del 10 aprile fino alle 18,00 dell'11 aprile. Questa relazione, contrassegnata “Segreta” è rimasta per alcuni decenni fra le carte di un reduce del XIII° Corpo d'Armata ed è quindi giunta in mio possesso. Si tratta di un foglio dattiloscritto su due facciate, intitolato “13 Corps (Right Sector) Counter Battery Intelligence Report No. 12”. Il settore destro del XIII° Corpo britannico comprendeva l'alta valle del Rapido dove aveva preso posizione il San Marco con la “Corbould Force”. La relazione è fitta di nomi, ore e sigle. Vale la pena riportarne qualche stralcio, che rende l'idea di come si svolgessero le giornate sul fronte di Cassino nell'aprile 1944. All'inizio si legge “Fuoco ostile intermittente [“intermittent HF”] è stato riportato la notte scorsa dalle 18,30 fino a mezzanotte, dopodiché c'è stata la solita calma fino alle prime luci. L'attività è ricominciata di nuovo alle 5,30 e dopo l'abituale “Scarica di Odio dell'Ora di Colazione” [“Breakfast Hate”] delle ore 08,00 circa, l'artiglieria nemica si è scostata dalla sua normale routine di ridursi a un'attività di fuoco ostile sporadica e ha continuato invece a rimanere attiva durante tutta la mattinata. L'attività è cessata solo dopo che un “programme” [letteralmente programma, confesso che non so cosa indichi nel gergo degli artiglieri] è stato sparato su alcune HB [Hostile Base, basi nemiche?] nell'area di Vallegrande alle 12,35. Il bersaglio principale dell'artiglieria nemica sono state la strada e le postazioni di cannoni ad est di S. Elia. I “Sound Rangers” [N.B.: un'unità speciale che localizzava l'artiglieria nemica servendosi di rilevazioni sonore] sono stati ben bene impegnati per 24 ore ottenendo 5 localizzazioni [di postazioni nemiche]”. Il rapporto prosegue indicando l'orario di attività di specifiche batterie nemiche e le specifiche zone che esse bombardarono. Le zone bombardate sono però indicate con numeri (p. es. 945304, 868270, ecc.) evidentemente usando un codice al cui significato non so risalire. Risulta che cannoni tedeschi spararono da località situate a nord di S. Giuseppe, da Atina, da Monte Silara, da Vallegrande. Nel pomeriggio l'attività dell'artiglieria diminuì, con l'eccezione di due sezioni di cannoni nell'area di Terelle e di una postazione che bombardò la città di Cassino. Si riporta anche, sempre usando codici numerici, l'attività di controbatteria degli Inglesi e, in una occasione, dei Polacchi. Si legge infine, in chiusura del documento: “Sia Cassino che il villaggio di Cairo sono stati attaccati dall'area Belmonte-M. Silara (7932) durante il giorno. Proiettili [“bombards”, spero che la mia traduzione sia giusta] sparati contro l'area sospetta 822300 e una localizzazione da parte dei Sound Rangers di un cannone a 801299 hanno avuto scarso effetto. Oggi sono state ricevute ulteriori coordinate che passano attraverso le tre aree sospette dove si intersecano le linee di griglia 7826 e 7928 e il quadrato 7829. Fotografie di queste aree scattate ieri sono sfortunatamente risultate oscurate dalle nuvole”. Il rapporto è firmato “Capt. RA. Counter Battery Officer, 13 Corps (Right Sector)”. Buona Pasqua del 2009 a tutti.
Valentino Rossetti - provenienza: Brescia (Italia)
Iscritto dal: 15/11/2002, messaggi inviati: 162, amministratore
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12/04/2009 16.21
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Grazie per la tua iniziativa, Maurizio.
Buona Pasqua anche a te.
baden - provenienza: Roccasecca
Iscritto dal: 15/11/2002, messaggi inviati: 158, site TEAM
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13/04/2009 07.18
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Grazie per il bel contributo, non faremo mai abbastanza per ricordare quei ragazzi. Un primo importante passaggio potrebbe essere la visita ufficiale del Presidente della Repubblica Napolitano al Cimitero di Montelungo il prossimo 25 aprile. Ricordare e commemorare la liberazione d'Italia nel Cimitero dei caduti dell'esercito è un importante passo per ridare dignità ed importanza ai soldati italiani, inquadrati appunto nelle unità regolari dell'esercito, nella guerra per la liberazione d'Italia.
Roberto Molle
Balestrino - provenienza: Genova
Iscritto dal: 15/04/2004, messaggi inviati: 125, utente ATTIVO
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13/04/2009 13.26
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Leggo con piacere il messaggio del Presidente dell'Associazione Battaglia di Cassino. Un'iniziativa che sogno da qualche anno è riportare a Cassino gli ultimi reduci del San Marco a me noti, Luigi Cavinato di Mestre e Giacomino Pieri di Monfalcone (recentemente sono venuto a sapere di un terzo reduce che vive a Napoli, ma non sta bene e non sono ancora riuscito a contattarlo). Purtroppo entrambi sono in condizioni di salute non molto buone e non si sentono di fare il lungo viaggio fino a Cassino. Penso però che se ci fosse un'iniziativa importante (che so, lo scoprimento di una targa o una commemorazione particolarmente significativa) uno o l'altro dei due potrebbe forse cambiare idea. Il 65° anniversario è un'occasione suggestiva, che potrebbe forse offrire qualche occasione.
Balestrino - provenienza: Genova
Iscritto dal: 15/04/2004, messaggi inviati: 125, utente ATTIVO
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13/04/2009 13.27
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
13 aprile - seconda parte
Le fonti storiche non hanno ancora restituito nessun avvenimento che sia avvenuto con certezza nella data del 13 aprile 1944, sessantacinque anni fa. Nei resoconti ci sono però numerosi episodi vissuti dal San Marco sul fronte di Cassino di cui non si è ancora potuto ricostruire la data precisa. Uno di questi avrebbe ben potuto accadere il 13 aprile, ed è citato nell'articolo di Giacomo Pieri “Ricordi di una veterano del Bafile, prima puntata” pubblicato sulla rivista “San Marco” n. 55/56 del gennaio-giugno 2007: “Tutte le postazioni erano buche a cielo aperto, alcune più grandi e profonde coperte da tronchi e pietre con feritoie per i mitragliatori, le cosiddette case matte, che di giorno servivano per la squadra, e quando pioveva purtroppo si riempivano d'acqua. ... (omissis) ... Una bella e soleggiata mattina, mentre eravamo a riposare al riparo nella casamatta, sentimmo uno scoppio nella vicina postazione. Mi precipitai con altri compagni e sentimmo un grido in veneto: “i me ga fregà”. Era il marinaio Fiorin con il braccio e la mano ferite da schegge da mortaio. Lo caricai in spalla e con lui scesi al comando di plotone per la prima medicazione. Per il marinaio Fiorin la guerra finì sulle rive del fiume Rapido”.
Balestrino - provenienza: Genova
Iscritto dal: 15/04/2004, messaggi inviati: 125, utente ATTIVO
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14/04/2009 00.15
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Anche per il 14 aprile 1944 le fonti non consentono di individuare con certezza avvenimenti specifici. Tuttavia Luigi Fulvi nell'opera già citata riferisce che “pochi giorni dopo” la morte dell'ardito Cortese, “in uno scontro col nemico avvenuto nei pressi di quota 907 cinque marinai furono tutti feriti gravissimamente e solo uno di essi riuscì a salvarsi rientrando faticosamente al reparto”. Poiché come già più sopra ricordato la morte dell'ardito Cortese avvenne l'11 aprile, lo scontro a quota 907 avvenne intorno al 14 aprile.
In quei giorni, come per tutto il periodo in cui il San Marco rimase a Cassino, tutte le notti uscivano pattuglie di marinai che si avventuravano nella “terra di nessuno” fra i due schieramenti. E' disponibile in rete (http://www.cmp-cpm.forces.gc.ca/dhh-dhp/his/rep-rap/doc/ahqr-rqga/ahq060.pdf) una relazione dell'11a Brigata di Fanteria Canadese, di cui faceva parte il Reggimento Westminster a cui il San Marco era aggregato nella “Corbould Force”. Vi si legge fra l'altro, relativamente agli ordini ricevuti in quel periodo, “Poiché un eventuale contrattacco in quell'area non era considerato fattibile [in altre parole se si fosse persa una posizione non sarebbe stato possibile riconquistarla], gli ordini erano di attestarsi tenacemente su tutte le postazioni dei plotoni, senza neanche pensare di ritirarsi”[“Since it was not considered feasible to carry out a counter-attack in the area, the policy was to hold tenaciously all platoon localities with no thought of withdrawal”]. A questo scopo, “il Quartier Generale della Brigata emanò istruzioni secondo le quali si doveva perseguire un'aggressiva politica di pattugliamento. La terra di nessuno doveva essere dominata e si dovevano compiere puntate in profondità nel territorio nemico” [“Brigade Headquarters issued instructions saying that an aggressive patrol policy would be pursued. "No-Man's-Land" had to be dominated and forays made deep into enemy territory”].
Scrive il reduce del San Marco Luigi Cavinato nelle sue memorie, già sopra citate, a proposito del periodo di permanenza del San Marco sul fronte di Cassino: “La cosa però che non vorresti mai essere chiamato a fare è andare di pattuglia nella terra di nessuno. Il tenente prende con sé due di noi, a turno, ti consegna un mitra con due caricatori e una bomba a mano. A me è capitato di partecipare una volta, durante la permanenza in prima linea. Si parte di notte, ci comunicano la parola d'ordine, che è in inglese. Ne ricordo due: “pipe-tobacco” e “bred-butar”. Durante la perlustrazione, se avverti qualche rumore sospetto, il tenente grida “alt-pipe” e l'altro, se c'è, deve rispondere “tobacco” altrimenti si spara in tutte le direzioni. Naturalmente la parola d'ordine cambia ad ogni uscita. E' un'esperienza che ti mette a dura prova: senti che la vita è appesa al sottile filo della fatalità”.
Una curiosità per me interessante: “pipe-tobacco” (anzi per la verità “tobacco-pipe”) era una delle due parole d'ordine che anche mio padre ricordava...
Balestrino - provenienza: Genova
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15/04/2009 00.16
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 15 aprile 1944 il San Marco passò dalle dipendenze della IVa Divisione di Fanteria britannica a quelle della IIa Divisione Neozelandese, che assunse il comando del settore della valle del Rapido. Il San Marco continuò a rimanere aggregato al Reggimento Westminsters costituendo con esso una struttura “ad hoc” chiamata come già detto “Corbould Force”. Cfr. la già citata relazione dell'11a Brigata di Fanteria Canadese: “on 15 Apr, command of the sector was relinquished by the British division and taken over by 2 NZ Div”. Conferma L. Fulvi. op. cit.: “Intorno a metà di aprile il battaglione [Bafile] passò dalla IVa Brigata britannica alle dipendenze della 2a Divisione Neo Zelandese, comandata dal Generale Freybergh”. Notare la differente terminologia con cui viene indicata l'unità britannica (“Division” nel documento canadese che su questo punto sembra più attendibile, “Brigata” nel libro di Fulvi).
Sempre in data 15 aprile il comando dell'11a Brigata di Fanteria Canadese redasse un rapporto di “intelligence” di cui possiamo venire a conoscenza perché è riportato in sintesi nella relazione sopra citata. Dalla sua lettura si poteva evincere che gli Alleati conocevano solo vagamente la composizione delle unità tedesche dall'altra parte del fronte. Sulla parte sinistra “si presumeva che la Brigata Alpina di S.S. “Doehla” [S.S. Doehla Mountain Brigade] fosse in linea”. Sulla parte destra “si pensava che la 5a Divisione Alpina occupasse ancora le sue posizioni”. Ancora meno informati dovevano essere i tedeschi, se è vero che, come si legge nel resoconto canadese, alcuni giorni dopo che i Canadesi (e gli Italiani) erano in linea il nemico continuò ad inviare volantini di propaganda scritti in arabo ed in francese (come si sa la zona era stata in precedenza teatro di ripetuti attacchi da parte del Corpo di Spedizione Francese). “Una vigorosa attività di pattuglia da parte del nemico fu interpretata come a significare che i tedeschi erano incerti circa l'identità dei loro avversari come i Canadesi lo erano dei loro”, cioè entrambi gli schieramenti non erano ben sicuri di chi ci fosse esattamente davanti a loro.
Balestrino - provenienza: Genova
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16/04/2009 09.01
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 16 [aprile] mattina, il Gen. Freyberg [Comandante della 2a Divisione Neozelandese da cui ora il San Marco dipendeva] dette incarico al comandante Tesi [Comandante del Reggimento San Marco] di portare a conoscenza di tutti gli ufficiali e marinai del “Bafile” [l'unico battaglione del Reggimento San Marco allora in linea] il compiacimento e l'elogio per “aver dimostrato slancio, spirito combattivo ed alto senso del dovere” nei primi giorni di permanenza sulla linea del fuoco” (W. Ghetti, In lotta per la libertà, Mursia 1975). Il Capitano di Vascello Augusto Tesi, Comandante del Reggimento San Marco, ebbe rapporti molto cordiali col Generale Freyberg, che da subito mostrò di apprezzare il Battaglione Bafile (L. Fulvi, op. cit.). Il Generale Freyberg era solito compiere frequenti visite agli uomini al fronte. Il reduce del San Marco Sig. Giacomo Pieri mi ha raccontato che una volta anch'egli, in prima linea lungo il corso del Rapido, ricevette con i suoi compagni la visita del Generale. Questi si presentò senza essere annunciato, accompagnato da un neozelandese di origini venete che iniziò a tradurre parlando in dialetto con Pieri. In seguito, nel successivo mese di maggio 1944, “nell'accomiatarsi dal battaglione Bafile, ... , egli [Freyberg] aveva chiesto al Comandante Tesi che cosa avrebbe potuto fare per dimostrare la sua amicizia e la sua soddisfazione per aver avuto alle sue dipendenze i “marines” italiani. Il Comandante Tesi gli chiese allora di appoggiare la richiesta ... per ottenere che il Battaglione “Grado”, ormai pronto, potesse unirsi al Bafile, per consentire a tutto il Reggimento San Marco di combattere come tale per la liberazione del Paese. Il Generale Freyberg promise che avrebbe portato direttamente tale richiesta al Maresciallo Alexander, Comandante del Gruppo di Armate e, lealmente, mantenne tale promessa” (L. Fulvi. op. cit.). Il successivo 30 giugno il battaglione Grado entrò in linea a fianco del Bafile. “L'arrivo del Grado ed il conseguente raggruppamento del reggimento [San Marco] ... erano frutto delle pressioni esercitate, presso il Comando dell'8a Armata, dal Generale Freyberg, che manteneva una promessa fatta al comandante Tesi” (Le Fanterie di Marina Italiane, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1998).
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17/04/2009 12.55
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 17 [aprile] su Monte Cicurro cadeva, mentre era di pattuglia, l'aspirante guardiamarina Augusto Albanese” (Le Fanterie di Marine Italiane, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1998). Antonio Ricchezza nell'opera già citata lo elenca fra i Caduti come “Asp. [Aspirante Guardiamarina] Albanese Cesare”. In realtà il nome esatto del Caduto era Augusto Cesare Albanesi (con la “i”), nato il 17/5/1922, allievo del Corso di Stato Maggiore dell'Accademia Navale di Livorno (cfr. Annuario della R. Accademia Navale, anno 1941-42*XX). Abitava a Roma ed era figlio di madre vedova.
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18/04/2009 00.08
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Sotto la data del 18 aprile 1944 cominciò ad avere pratica ed effettiva attuazione la trasformazione del I° Raggruppamento Motorizzato italiano in Corpo Italiano di Liberazione. La data di nascita di quest'ultimo deve quindi essere considerata quella riportata sopra [appunto 18 aprile]” (Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico: Il Corpo Italiano di Liberazione, Roma 1950). Il cambiamento di denominazione era per la verità già stato deciso molto tempo prima. In data 3 aprile '44 lo Stato Maggiore del Regio Esercito comunicava “L'A.C.C. [Allied Control Commission] ha comunicato che è stato autorizzato che la nostra G.U. [Grande Unità] combattente venga chiamata <<Corpo Italiano di Liberazione>> con decorrenza dal 22 marzo u.s. Costituzione e dipendenze rimangono invariate. Evitare l'uso dell'abbreviazione C.I.L. [sic!]” (Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico: Il I° Raggruppamento Motorizzato, Roma, 1968, All. 37). Il mutamento, tuttavia, pare non fosse stato molto divulgato, tanto che ancora domani, il 19 aprile 1944, il Capo di Stato Maggiore Gen. Messe scriverà al Ministero degli Affari Esteri: “Per riservata [sic!] notizia di codesto Ministero comunico che, in seguito ad autorizzazione della Commissione Alleata di Controllo, dal 2 marzo c.a. la Grande Unità Italiana operante con le Armate Anglo-Americane ha assunto il nome di Corpo Italiano di Liberazione” (Autori Vari, 1944: anno di memoria. Partecipazione italiana alle operazioni militari contro i tedeschi. Rivista di studi politici internazionali, Vol 71, No 2, 2004). Nel riassumere le Unità chiamate a far parte del C.I.L., il Gen. Messe scriverà fra l'altro: “Il “Bafile” è in linea alle dipendenze del XIII C.A. inglese”.
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19/04/2009 12.27
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Nella data del 19 aprile le fonti non consentono di identificare episodi precisi. Il seguente episodio è riportato nel Diario del Reggimento Westminster (che col Bafile costituiva la “Corbould Force”) e non ha data. “A metà del pendio della Cresta Internazionale [“International Ridge”] era posizionato un gruppo di paracadutisti scozzesi al comando di un geniale e brillante maggiore britannico. ... Su richiesta del maggiore degli Scozzesi una pattuglia di due uomini Soldato Wally Bodin e Caporale Ron Hurley) fu inviata a valle, lungo il corso del Rapido quasi in secca, per verificare un rapporto degli Italiani circa la presenza di una pattuglia di Jerry [Tedeschi] un miglio a valle. Mentre stavano verificando qualcosa di sospetto sotto un enorme masso i due furono improvvisamente sorpresi, rimanendo senza parole quando quattro enormi cani passarono praticamente sopra di loro uscendo a tutta velocità. Dopo essersi riavuti, Hurley e Bodin esplorarono attentamente il luogo e scoprirono che sotto la roccia, che creava quasi una cavità, c'erano inconfondibili segni di permanenza germanica, fra cui razioni, respiratori [“respirators”] e perfino alcune grosse ossa di cane. Decisero che quelli erano cani tedeschi da pattuglia [in italiano e in maiuscolo nel testo: “Tedeschi Patrol dogs” – immagino che i Canadesi non conoscessero i Pastori Tedeschi e ne avessero sentito parlare dagli italiani, forse da qui il nome italiano nel testo]. Così i Paracadutisti non persero tempo e misero una guardia per la notte nel letto del fiume per dare loro il benvenuto se fossero ritornati assieme ai loro padroni” (Maggiore J.E. Oldfield, The Westminster's War Diary, New Westminster, BC, Canada, 1964).
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20/04/2009 09.11
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“La mattina era soleggiata, tutto era calmo e non si sentiva uno sparo. Stavamo uscendo dal comando [a Valvori] con i viveri, quando vedemmo un marinaio scendere dalla strada, al coperto dal muro di una casa e, in quel preciso istante, sentimmo un colpo di mortaio con il conseguente tipico sfarfallio. Ci buttammo a terra e dopo lo scoppio alzammo gli occhi e vedemmo il marinaio accasciato al suolo. Corremmo presso di lui, sul momento non sembrò avere gravi ferite, ma poco dopo morì senza un lamento. Sul camisaccio all'altezza del cuore si vedeva un piccolo foro bruciacchiato. Una piccola scheggia lo aveva colpito al cuore. Era di Trieste” (G. Pieri, Ricordi di un veterano del “Bafile”, parte 2, San Marco, n. 57/58, luglio/dicembre 2007). “...un'altra scheggia di mortaio, piccolissima, aveva fulminato, trapassandogli il cuore, il marinaio Menghini, triestino, incautamente uscito allo scoperto, di giorno, da una casa di Valvori, dove era al riparo la sua squadra” (L. Fulvi, op. cit.). Queste due narrazioni si riferiscono evidentemente allo stesso episodio, che un po' di ricerca consente di datare con buona probabilità al 20 o 21 aprile 1944. Infatti Fulvi dice che l'episodio avvenne “pochi giorni prima” del 23 aprile, e Pieri dice che era una mattina soleggiata. Nel diario dell'allievo ufficiale Gino Damiani, in forza al Corpo Italiano di Liberazione qualche chilometro più a est, nel settore di Monte Marrone (E. Damiani, Ci riconosceremo sempre fratelli, Nordpress, Chiari (Brescia) 2004) si legge in data 20 aprile “finalmente torna il sole” dopo un periodo di brutto tempo, mentre il 22 era brutto tempo. Siccome la morte del marinaio Menghini di Trieste è avvenuta una mattina di sole pochi giorni prima del 23 aprile, essa può essere molto probabilmente datata al 20 o al 21 aprile.
Camminare all’aperto nella valle del Rapido durante la primavera del 1944 era un’attività molto pericolosa. Secondo il diario dei Westminsters, “quasi ogni giorno” il reggimento subiva perdite a causa dell’artiglieria nemica durante le ore diurne. Si veda anche, su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=153&bar=no) la testimonianza del Sergente Fred West, dello stesso Reggimento Westminsters cui il San Marco era aggregato: “le nostre posizioni erano sotto osservazione durante il giorno, così che alle prime luci del giorno ci spostavamo [al riparo] dietro il cimitero ed occupavamo le nostre posizioni di notte”. Anche mio padre fu in una occasione il bersaglio dell’artiglieria tedesca durante le ore diurne (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=112&p=3&lang=ita&bar=no).
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21/04/2009 01.28
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 21 [aprile] il reggimento Westminsters [componente la “Corbould Force” con il San Marco], che rimaneva in prima linea con un minor numero di perdite rispetto alle altre unità, ebbe l'onore di fare il primo prigioniero, che fu “trattenuto” quando una pattuglia tedesca si avventurò troppo vicino ai Canadesi” (Movement and Operations of 11 Cdn Inf Bde Gp, Italy, 9 Apr - 5 May 44 – [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
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22/04/2009 10.05
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 22 aprile cadeva durante un attacco tedesco notturno contro Monte Cicurro il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli. Si legge nell'atto di morte stilato dal Tenente Medico Arturo Mutti e dal Tenente Cappellano Don Roberto Sighinolfi: “...morto in seguito a ferite da schegge di mortaio; ferite multiple in tutto il corpo”. Era nato il 14 novembre 1921 a Mezzano e abitava a Marcheno, in provincia di Brescia. A. Ricchezza (op. cit.) lo ricorda fra i Caduti come “Cann. [Cannoniere] Antoniolli Giovanni”. Per chi legge questo sito il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli ha un'importanza particolare, in primis in quanto volontario caduto in guerra, ma non di meno perché è grazie a lui (in un certo senso) che la ricerca sul battaglione Bafile del Reggimento San Marco ha subito un impulso direi decisivo. Qualche anno fa il suo concittadino Valentino Rossetti ha con intraprendenza raccolto le prime notizie su questo Caduto “anomalo” (un marinaio caduto in mezzo alle montagne) e le ha pubblicate su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/doc/Antonioli1.asp). Di qui la ricerca che ne è seguita, comprese queste mie stesse note.
Grazie alla testimonianza del reduce Luigi Cavinato, commilitone di Antonioli, le circostanze in cui questi cadde hanno potuto essere ricostruite e ne è stata data relazione su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=236&bar=no). Nella stessa azione in cui cadde Antonioli fu ferito il Furiere Luigi Cavinato, autore delle memorie da cui ho tratto l'informazione, che venne per quella azione insignito di Croce di Guerra al Valor Militare. Altri furono colpiti, ma non ne sappiamo i nomi né la sorte. Notizie in merito (rivista San Marco, già citata) sono meno precise e non consentono, per motivi che sarebbe lungo discutere, conclusioni certe sui nomi degli altri feriti o caduti in quella occasione.
Di certo si sa solo che l'attacco tedesco venne infine respinto.
Come la grande maggioranza dei volontari del San Marco anche il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli era reduce dalla guerra sul mare. Nella documentazione che mi ha a suo tempo fatto avere Valentino Rossetti si legge che era stato imbarcato come Sottocapo Cannoniere P.M. (puntatore mitragliere) sul Cacciatorpediniere “Premuda” a bordo del quale aveva partecipato alla vittoriosa Battaglia di Pantelleria (http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_mezzo_giugno) ottenendo la Croce di Guerra al Valor Militare sul campo. Promosso Sergente l'1/4/43, sbarcò dal Premuda il 31/8/1943. Fu subito imbarcato sull'Incrociatore “Garibaldi” che una settimana dopo a seguito dell'armistizio si consegnò agli Inglesi trasferendosi a Malta. Nonostante potesse a questo punto godere di una vita relativamente tranquilla, il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli scelse tuttavia di dare ancora il suo contributo alla Patria sul campo di battaglia e si arruolò volontario nel Reggimento San Marco. Fu incorporato nel Reggimento il 15 dicembre 1943. Cadde in combattimento sotto un attacco tedesco, nelle circostanze di cui si è detto, il 22 aprile 1944, esattamente sessantacinque anni fa.
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23/04/2009 00.05
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 23 aprile era morto a seguito di ferite da schegge di mortaio il Capo Silurista Mauro Ciaramelli” (L. Fulvi, E i marinai scesero dalle navi, Centro di Storia della Guerra di Liberazione, Stilgrafica, Roma). Con la scusabile imprecisione che ormai gli conosciamo, A. Ricchezza lo ricorda come “Cap. [immagino sia una abbreviazione imprecisa di “Capo”, grado tipico ed esclusivo della Marina] Ciaranelli Marco”. Nell'elenco dei Caduti stilato da Ricchezza, il nome di Ciaramelli viene immediatamente dopo quello di Antonioli, caduto ieri 22 aprile (v. sopra). L'identità della causa di morte (ferite da proiettili di mortaio) e la contiguità della data (22-23 aprile) mi fanno pensare che forse Ciaramelli sia stato ferito nella stessa azione in cui è caduto Antonioli, e sia deceduto il giorno dopo per le ferite riportate. La foto della sepoltura del Capo Silurista di Prima Classe Mauro Ciaramelli mi è stata inviata da Alberto Turinetti di Priero e può essere vista su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it:80/risorse/image_view.asp?id=2447&d=1&idr=00). Come quella di Domenico Cortese si riferisce al primo cimitero di guerra del Bafile, che era situato nel parco di una villa di Valvori. In seguito questa e altre sepolture sono state trasferite al Sacrario di Montelungo o in sepolture private nei luoghi d'origine.
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24/04/2009 19.26
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Due volte, il 23 e il 24 aprile, aerei nemici comparvero sopra le nostre teste ma furono respinti, probabilmente con qualche [loro] perdita” (Movement and Operations of 11 Cdn Inf Bde Gp, Italy, 9 Apr - 5 May 44 – [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link] L'attività della Luftwaffe a Cassino era in quel periodo abbastanza intensa anche se in generale concentrata più a ovest, sul fronte della Quinta Armata USA dove più immediata era la minaccia per la città di Cassino: “...sul fronte della Quinta Armata, appena ad ovest [dei reparti canadesi nell'alta Valle del Rapido] la Luftwaffe era piuttosto attiva e quindi mimetismo e copertura erano della massima importanza [anche nel settore dei Canadesi]” (ibidem). Di questo attacco aereo tedesco in data 24 aprile si trova traccia anche nel diario di Gino Damiani (E. Damiani, Ci riconosceremo sempre fratelli, Nordpress, Chiari (Brescia) 2004). In data 24 aprile l'allievo ufficiale Damiani, di stanza nel settore di Monte Marrone, scriveva “...ad ovest di Cassino razzi e violento bombardamento tedesco. Che fuoco! La formazione tedesca, sia all'andata che al ritorno, ha sorvolato noi...”.
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25/04/2009 10.20
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 25 aprile 1944 un giovane Sottotenente del San Marco, già allievo della Regia Accademia Navale di Livorno, scriveva una pregnante pagina del suo diario, che è stata trascritta nella parte di questo sito a lui dedicata (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=156&bar=no). Si chiamava Luigi Laviosa ed era originario della Val di Non in provincia di Trento. Luigi Laviosa cadrà in combattimento pochi mesi dopo, il 21 luglio 1944, a Belvedere Ostrense. Dopo la guerra le sue spoglie saranno sepolte ai piedi delle sue Alpi dove tuttora riposano (http://valledelleden.blogspot.com/2008/11/leroe-dimenticato-luigi-laviosa-1922.html).
Nella pagina del 25 aprile Laviosa dice che di fronte a lui, mentre stava scrivendo, parlava al telefono l'ufficiale canadese di collegamento, di nome Douglas. Un paio d'anni fa ho trovato in rete il numero di maggio-giugno 2002 del periodico “Forum”, definito “A Publication of the Association of British Columbia Professional Foresters”. Contiene il necrologio di Ross R. Douglas, 1914-2002 che, si legge, “Per sei anni a partire dal 1939 ... prestò servizio nell'Esercito Canadese, in particolare con il Reggimento Westminster con il quale passò due anni in Italia”. La stessa rivista pubblica la foto di Ross Douglas, che fra breve sarà visibile anche su questo sito. Il reduce canadese Sig. Fred West mi ha confermato che si tratta proprio di quel Ross Douglas che sessantacinque anni fa stava parlando al telefono dinanzi a Laviosa. Dopo la guerra divenne un membro di spicco dell'industria forestale canadese.
Nella pagina di diario datata 25 aprile, che si può leggere all'indirizzo sopra citato, il Sottotenente Laviosa riporta notizie sulle operazioni in corso (“...si attende un attacco all’ala sinistra giù nella valle, dove è ora la nostra 3a compagnia e gli Arditi. Ci sono pattuglie nemiche non lontane. Il mio capitano è fuori per andare alle postazioni e so che non è arrivato a destinazione” e così via) ma la frase che più resta impressa è l'ultima: “Ho ventidue anni compiuti. Talora mi sento bambino, talora uomo. Talvolta mi sembra che tutto sia finito e piango sulla natura umana; talvolta, come in questo momento, la fiducia mi sostiene.”.
Nota dell'AmministratoreL'immagine del necrologio di Ross Douglas è disponibile a:
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26/04/2009 17.10
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Nella data del 26 aprile 1944 le fonti non ci hanno riportato nessun avvenimento certo. Invece ieri 25 aprile 2009 ho avuto il grande piacere di una lunga conversazione telefonica con un reduce del San Marco che combatté a Cassino e oltre. Fra i tanti ricordi di cui mi ha gratificato, quello dell'Aspirante Guardiamarina Augusto Cesare Albanesi, del quale ho scritto il 17 aprile (v. sopra) nel sessantacinquesimo anniversario della morte. Il reduce con cui ho parlato era molto amico di Albanesi, per il quale ha avuto parole di ricordo quasi fraterno. Egli mi ha meglio precisato, correggendo in parte le fonti scritte, le circostanze della sua morte. L'Aspirante Guardiamarina cadde non mentre era di pattuglia ma a seguito di un improvviso attacco tedesco contro postazioni del San Marco. Albanesi reagì prontamente lanciando una bomba a mano che, come ha raccontato il reduce, “portò via la faccia a un tedesco”. Quest'ultimo fece ancora in tempo a esplodere una raffica contro Albanesi colpendo mortalmente alla gola l'allievo ufficiale italiano.
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27/04/2009 00.43
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 28 aprile 1944 il servizio informazioni (“Intelligence”) del XIII Corps inglese compilava il secondo dei due rapporti giornalieri sull'attività di artiglieria tedesca che sono arrivati in mio possesso, il primo essendo quello di cui ho relazionato in data 12 aprile. Il rapporto del 28 aprile si riferisce al giorno precedente, 27 aprile 1944. Mentre l'11 aprile l'attività prevalente era stata contro il settore a nord-est di Cassino, il 27 l'artiglieria tedesca si concentrò soprattutto su Cassino e a sud della città.
Alberto Turinetti di Priero mi ha svelato il significato dei codici usati dagli artiglieri e mi ha fatto avere la mappa usata dagli Inglesi nel 1944, sono quindi in grado di identificare (con una certa approssimazione) le località che furono bombardate dai Tedeschi nelle due date. A breve sarà visibile su questo sito una carta che riporta in rosso le zone cannoneggiate l'11 aprile, in verde l'unica zona del nord-est di Cassino che fu cannoneggiata il 27.
Nota dell'AmministratoreLa carta topografica citata è disponibile a:
[Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
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28/04/2009 07.17
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 28 aprile uno dei più pesanti bombardamenti di mortaio, stimato in oltre 400 bombe, cadde sul settore Valvori-Cicora [N.B.: intende dire Valvori-Cicurro], che comprendeva la Compagnia “A” del Reggimento Westminster” (Movement and Operations of 11 Cdn Inf Bde Gp, citato). La Compagnia A dei Westminster era posizionata a Valvori. Mi scrive il Sergente Fred West, reduce del Westminster: “...il Maggiore Mahony [lo stesso che ricevette poi la Victoria Cross sul fiume Melfa] era il Comandante della Compagnia “A”, che era l'unica Compagnia a Valvori” e più avanti “La mia sezione era posizionata sul limitare di un cimitero proprio in cima alla cresta davanti a Valvori ... i Marines erano posizionati al nostro fianco destro”. Il San Marco era presente in tutto il settore Valvori-Cicurro (cfr. Fulvi, op. cit., e altri). Scrive ancora il Sergente Fred West: “Ricordo i fanti di marina italiani [“Marines”nel testo inglese] che erano aggregati [“attached”] alla mia compagnia, ricevettero un bombardamento molto brutto una notte, non ricordo quante furono le loro perdite, ma fu un fuoco molto intenso e sono certo che ebbero delle perdite”. Il Sergente West ritiene che le postazioni del Bafile fossero particolarmente vulnerabili perché i marinai, inesperti della guerra a terra, facevano troppo rumore nei loro spostamenti consentendo ai tedeschi una facile identificazione. Anche il Sergente Orme Payne, altro membro della Compagnia A secondo Fred West, ricorda la notte in cui i tedeschi cannoneggiarono il Bafile: “Ricordo la notte in cui i Tedeschi identificarono l'unità Bafile – fu un completo macello. Ho spesso pensato che quel bombardamento voleva essere una lezione perché non si erano schierati dalla loro parte”.
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08/04/2009 20.28
Oggetto: Oggi, sessantacinque anni fa
Sessantacinque anni fa, oggi era la vigilia di Pasqua. L'8 aprile 1944, Sabato Santo, i marinai del San Marco stavano per arrivare al fronte di Cassino. Venivano da tre giorni in treno, dalla Puglia a Napoli, e avrebbero trascorso questo giorno e il giorno di Pasqua a piedi e in autocarro per raggiungere la prima linea (“Dopo tre giorni di strada ferrata / ed altri due di lungo cammino / siamo alfin giunti al fronte di Cassino / e a ciel sereno ci tocca di dormir”).
Nel 65° anniversario di quegli eventi vorrei ricordare quel giorno con la descrizione che ne dà il reduce Luigi Cavinato nelle sue memorie:
“Al mattino [N.B.: è il mattino dell'8 aprile 1944] ci danno del caffè e gallette molto dure, che noi mastichiamo lo stesso.
Arrivano dei grossi autocarri alleati, attrezzati con panche tutto intorno; vi saliamo, con tutto il nostro bagaglio e, passando per Caserta, raggiungiamo Venafro, in provincia di Campobasso.
Siamo, oramai, in zona di operazioni; infatti c'è un grande movimento di automezzi, camionette, autoblindo e grosse jeep, che si muovono in un grande spiazzo adibito a deposito e parcheggio.
Sostiamo qualche ora per il rancio e poi di nuovo verso nord, ma su automezzi più piccoli.
Durante il viaggio, per strade sempre più tortuose e strette, ci fanno da battistrada un ufficiale inglese, al volante di una jeep, con a fianco il nostro comandante di compagnia, capitano Danza. Comincia a far buio e piove, quando lasciamo Venafro.
Gli automezzi procedono in stretta fila indiana e noi tutti siamo silenziosi e immersi nei nostri pensieri.
In piena notte [N.B.: è la notte fra l'8 e il 9 aprile 1944], dopo continue soste e sotto una pioggia persistente e fredda, raggiungiamo Acquafondata poi, verso il mattino, Vallerotonda.
Ora siamo in piena zona di operazioni, vicino al fronte di Montecassino. L'Abbazia è già stata bombardata, il 15/2/1944 e, nonostante ciò, l'arroccamento dei tedeschi fra quelle montagne blocca gli alleati, da molti mesi.”
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09/04/2009 08.36
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Nel 1944 oggi era Pasqua. Così Luigi Cavinato ricorda quel giorno di festa:
"Da Vallerotonda procediamo a piedi, mentre continua a piovere, ma, per fortuna, siamo bene equipaggiati con divise inglesi, che respingono bene l'acqua.
Cominciamo a sentire, sempre più distintamente, man mano che saliamo, il rombo sordo del cannone che rimbomba fra le montagne ed il crepitare delle mitragliatrici.
Nessuno di noi dice una parola, si ode solo il nostro ansimare, per la fatica.
Questo è il momento peggiore, perché non sai cosa ti aspetta: sei solo, con la tua paura, e senti che il coraggio nessuno te lo può infondere come asserisce il Manzoni, per bocca di Don Abbondio, che dice: “se uno il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare”.
Il Capitano, anche lui silenzioso, talora si affianca a noi e poi si rimette alla testa della Compagnia, assieme all'ufficiale inglese.
Si è fatto giorno, intanto [N.B.: è il 9 aprile 1944, giorno di Pasqua], ma il cielo è plumbeo e continua a piovigginare.
Raggiungiamo Valvori che, come latitudine, si trova un po' più a nord di Cassino.
Improvvisamente arrivano i primi colpi di mortaio, quindi i primi tuffi al cuore, ma anche i primi tuffi a terra, anche se non è necessario data la distanza delle esplosioni.
Verso mezzogiorno ci distribuiscono qualcosa da mangiare.
Intorno ci sono poche case di montagna, fatte di sassi, completamente disabitate e in parte diroccate dalle cannonate.
Al riparo di una scarpata, ci fermiamo per un po' di riposo e per la consegna delle munizioni.
Qui rimaniamo acquattati, fino al sopraggiungere del buio, mentre i colpi di mortaio esplodono più in basso.
Pur molto stanchi, bisogna proseguire, rimetterci in marcia, in stretta fila indiana per non perderci, ciascuno con il suo pesante fardello in spalla.
Dobbiamo salire verso Monte Cicurro, a quota 508.
C'è, in verità, un po' di confusione, perché gli ordini vengono impartiti da un ufficiale inglese, nella sua lingua ed il nostro Capitano stenta a capirli.
Noi diamo il cambio ad una Compagnia di soldati neozelandesi, della 8a Armata.
La 3a Compagnia Fucilieri, cui io appartengo, si attesta appena al di sotto di una cresta che si snoda a destra e sinistra del monte Cicurro.
Ci fanno sistemare dentro una lunga trincea, in parte coperta, che in certi punti dà, attraverso feritoie, su un'ampia valle cosparsa qua e là da macchie di vegetazione. E' la terra di nessuno, dove si scontrano, in perlustrazione, le pattuglie dell'una e dell'altra parte.
L'esercito alleato, pur in superiorità di uomini e di mezzi, non riesce a sfondare e si è assestato in una logorante guerra di posizione, in cui i tedeschi hanno buon gioco.
A noi tocca tenere tutta la quota di M.te Cicurro, importante punto di osservazione, per controllare le mosse dei terribili semoventi tedeschi, che martellano in continuazione le linee alleate."
Balestrino - provenienza: Genova
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10/04/2009 00.42
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
[10 aprile, parte 1]
Terminata la sistemazione sulle nuove posizioni, il 10 aprile arrivarono le congratulazioni britanniche. Citiamo dal libro “E i marinai scesero dalla navi” di L. Fulvi, edito dal Centro di Storia della Guerra di Liberazione: “...la sistemazione era stata completata, e nonostante l'oscurità, le avverse condizioni atmosferiche e la difficoltà della lingua, tutto era avvenuto in buon ordine e senza incidenti. Ciò sarebbe stato l'indomani [10 aprile] motivo di compiacimento ed elogio da parte del Comando Britannico”.
Se a prima vista i complimenti possono sembrare eccessivi, è bene leggere il Diario di Guerra del Reggimento canadese Westminsters, cui il San Marco era aggregato e che completò la stessa manovra nella stessa zona il giorno dopo: “La sostituzione dei reparti precedenti durante la notte dell'11 Aprile [da parte del Westminsters] fu uno dei compiti più ardui e fisicamente sfibranti che mai capitarono al Reggimento” (“The takeover on the night of April 11th from the previous tenants ... was one of the most arduous and physically exhausting that ever fell to the Regiment's lot” [J.E. Oldfield, The Westminsters' War Diary, Mitchell Press Ltd, Vancouver, 1964].
Vorrei inoltre ricordare che nello stesso giorno (all'alba del 10 aprile) più a est, su Monte Marrone, gli Alpini del Battaglione Piemonte tennero le loro posizioni contro un forte attacco di Gebirgsjager tedeschi, in cui morì il sergente maggiore Mario Falubba (fonte: G. Moro, “La vita avventurosa di Gianni Ras”, edizione privata). Scrive Agostino Degli Espinosa ne “Il Regno del Sud”, Migliaresi, Roma, 1946: “E nella stessa notte sul 10 [aprile], forse mentre pensavano alla Pasqua appena finita, gli alpini che difendevano il monte [Marrone] furono fatti segno ad un violento contrattacco tedesco. Ma alla mattina del 10 essi erano ancora sulla cima, e i tedeschi si erano ritirati lasciando morti e feriti e prigionieri. Al comando del corpo giunsero immediatamente le congratulazioni del generale Leese, comandante l'8a Armata, e del generale Anders, dai quali il Raggruppamento dipendeva...”. La conquista di Monte Marrone era stata citata dal Times il 3 aprile precedente: “Monte Marrone, tre miglia ad ovest della Rocchetta, nel settore nord di Cassino, è stato occupato dalle truppe italiane, le quali ultimamente avevano conquistato anche la cima di Castelnuovo, circa un miglio al sud-est; queste alture sono di qualche importanza in questa zona montuosa” [The Times, citato da A. Degli Espinosa, ibidem]
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10/04/2009 00.42
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
[10 aprile, parte 2]
Giova a questo punto farsi un'idea dell'organizzazione e dello schieramento del San Marco a Cassino. Citiamo sempre dal libro di Fulvi: “Il settore affidato al San Marco era lungo poco più di 2 Km. e confinava a destra e a sinistra con posizioni tenute dai reparti dell'8a Armata di varie nazionalità. Dietro le posizioni del San Marco, in seconda linea, postazioni di mortai e di artiglieria canadesi, neozelandesi ed indiane. Il fronte del Bafile [N.B.: l'allora unico Battaglione operativo del Reggimento San Marco] era organizzato come segue: due compagnie tenevano la linea, la terza era di rincalzo; rientro in linea dopo dieci giorni per quella in tale posizione. In linea una compagnia presidiava la testa di ponte sulla riva destra del Rapido; comando di compagnia a Valvori, con un plotone a protezione, un plotone guarniva la postazione di Monte Cicurro, a nord ovest dell'abitato; un altro plotone con base a Mulino del Vado sul fiume presidiava le postazioni scaglionate su tre alture vicine indicate come quota 954, che fungeva anche da osservatorio, quota 508 e quota 907. Le postazioni erano defilate al tiro diretto (ma, ovviamente, non a quello dei mortai) il terreno fra l'una e l'altro era invece scoperto. Inoltre la distanza fra una postazione e l'altra era abbastanza grande quindi, onde impedire infiltrazioni durante la notte e con nebbia, occorreva integrare l'osservazione con frequenti pattugliamenti. I collegamenti erano assicurati a mezzo di una rete telefonica da campo installata dai britannici ed integrata con i buoni apparati R.T.F. Mod. 2 previsti per le Forze da Sbarco della Regia Marina. L'area a cavallo del Rapido era la più difficile ed esposta, mentre lo era meno quella più a nord, al di qua del Rapido, nella valle detta dell'Ancina, presidiata dall'altra compagnia in linea. Anche tale area prevedeva alcune postazioni, ma esse erano meno esposte e più lontane dalla linea tedesca, dalla quale erano separate da un'ampia fascia di terra di nessuno. La compagnia di rincalzo era sistemata a circa due chilometri dal fiume, accampata presso un cascinale dove era installato il comando tattico del battaglione, a poco più di un chilometro dal grazioso paesino di Vallerotonda. I mortai e le mitragliatrici pesanti furono piazzati tutti al di qua del Rapido. I primi in posizione adatta per battere le postazioni tedesche quando esse venivano individuate o in caso di iniziative nemiche; le mitragliatrici nei punti idonei a battere d'infilata o con opportuni incroci di fuochi le possibili vie di penetrazione. Anche queste armi pesanti erano però a distanza di tiro dal nemico e si era resa perciò necessaria un'accurata mimetizzazione. Il plotone “esploratori” o “arditi” come tutti lo chiamavano non era dislocato in linea ma tutte le notti era quasi totalmente impiegato in azioni di pattuglia. Le posizioni della testa di ponte ed anche quelle al di qua del fiume venivano costantemente attaccate, specialmente di notte, da consistenti pattuglie nemiche. Si rendeva necessario dunque, oltre allo svolgimento di una continua attenta osservazione per controllare i movimenti dell'avversario, difendersi dagli attacchi e svolgere attività di pattuaglia oltre la propria fronte, sia per contrastare le analoghe iniziative nemiche, sia per acquisire informazioni sullo schieramento tedesco.”
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11/04/2009 00.24
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Sessantacinque anni fa in data di oggi il San Marco contava il suo primo caduto sul fronte di Cassino. Riferisce scarnamente L. Fulvi (opera citata, v. sopra): “Un duro scontro di una nostra pattuglia di arditi svolto nella notte fra il primo e il secondo giorno di permanenza in linea comportò la morte, l'11 aprile, di un valoroso marinaio torinese, l'ardito Domenico Cortese, che fu il primo caduto del fronte di Cassino”. La sepoltura dell'ardito Cortese si può vedere nella foto, tratta dal libro di Fulvi, su questo sito all'indirizzo [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
Sulla croce si possono leggere le parole: CORTESE DOMENICO, MA [matricola]12605 [o forse 42605?]. REGG. S. MARCO 1° BATG BAFILE PLOTONE ARDITO. CADUTO IN COMBATTIMENTO Q. 479 M. CICURRO 11-4-944
Sulla croce, in alto sotto l'elmo, si vede un gladio coronato da serti di fronde, distintivo degli Arditi fin dalla Prima Guerra Mondiale (cfr. [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
La data in cui Domenico Cortese è caduto è certa, perché la si legge anche sulla croce tombale ritratta nella foto. Invece, nel resoconto di Fulvi c'è probabilmente un errore, perché la notte sull'11 era quella fra il secondo e il terzo giorno di permanenza in linea, non fra il primo e il secondo. Probabilmente Fulvi aveva ancora il ricordo di come il San Marco avesse subito perdite non appena giunto in prima linea, e ne ha tratto questa probabile piccola imprecisione.
Antonio Ricchezza nell'opera “La verità sulla battaglia di Cassino” (Pozzo, Torino, 1958) riporta un elenco dei caduti italiani nella Guerra di Liberazione. Alle pagine 48-49 erroneamente elenca i caduti del San Marco fra quelli della Divisione Paracadutisti “Nembo” e fra gli altri cita anche l'ardito Domenico Cortese, indicato come “Art. [Lapsus calami invece di Ard.=Ardito?] CORTENSE Domenico”. E' il primo nome dell'elenco dei Caduti del San Marco. Molti altri purtroppo lo seguono, e a tutti va il nostro grato ricordo di uomini liberi.
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12/04/2009 10.32
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Sessantacinque anni fa ieri sera (in realtà era ancora l'11 aprile, tecnicamente parlando) sul fronte di Cassino l'Intelligence del XIII° Corpo d'Armata britannico (da cui il Bafile dipendeva) compilò come ogni sera una relazione riguardante l'attività dell'artiglieria tedesca fra le 18,00 del 10 aprile fino alle 18,00 dell'11 aprile. Questa relazione, contrassegnata “Segreta” è rimasta per alcuni decenni fra le carte di un reduce del XIII° Corpo d'Armata ed è quindi giunta in mio possesso. Si tratta di un foglio dattiloscritto su due facciate, intitolato “13 Corps (Right Sector) Counter Battery Intelligence Report No. 12”. Il settore destro del XIII° Corpo britannico comprendeva l'alta valle del Rapido dove aveva preso posizione il San Marco con la “Corbould Force”. La relazione è fitta di nomi, ore e sigle. Vale la pena riportarne qualche stralcio, che rende l'idea di come si svolgessero le giornate sul fronte di Cassino nell'aprile 1944. All'inizio si legge “Fuoco ostile intermittente [“intermittent HF”] è stato riportato la notte scorsa dalle 18,30 fino a mezzanotte, dopodiché c'è stata la solita calma fino alle prime luci. L'attività è ricominciata di nuovo alle 5,30 e dopo l'abituale “Scarica di Odio dell'Ora di Colazione” [“Breakfast Hate”] delle ore 08,00 circa, l'artiglieria nemica si è scostata dalla sua normale routine di ridursi a un'attività di fuoco ostile sporadica e ha continuato invece a rimanere attiva durante tutta la mattinata. L'attività è cessata solo dopo che un “programme” [letteralmente programma, confesso che non so cosa indichi nel gergo degli artiglieri] è stato sparato su alcune HB [Hostile Base, basi nemiche?] nell'area di Vallegrande alle 12,35. Il bersaglio principale dell'artiglieria nemica sono state la strada e le postazioni di cannoni ad est di S. Elia. I “Sound Rangers” [N.B.: un'unità speciale che localizzava l'artiglieria nemica servendosi di rilevazioni sonore] sono stati ben bene impegnati per 24 ore ottenendo 5 localizzazioni [di postazioni nemiche]”. Il rapporto prosegue indicando l'orario di attività di specifiche batterie nemiche e le specifiche zone che esse bombardarono. Le zone bombardate sono però indicate con numeri (p. es. 945304, 868270, ecc.) evidentemente usando un codice al cui significato non so risalire. Risulta che cannoni tedeschi spararono da località situate a nord di S. Giuseppe, da Atina, da Monte Silara, da Vallegrande. Nel pomeriggio l'attività dell'artiglieria diminuì, con l'eccezione di due sezioni di cannoni nell'area di Terelle e di una postazione che bombardò la città di Cassino. Si riporta anche, sempre usando codici numerici, l'attività di controbatteria degli Inglesi e, in una occasione, dei Polacchi. Si legge infine, in chiusura del documento: “Sia Cassino che il villaggio di Cairo sono stati attaccati dall'area Belmonte-M. Silara (7932) durante il giorno. Proiettili [“bombards”, spero che la mia traduzione sia giusta] sparati contro l'area sospetta 822300 e una localizzazione da parte dei Sound Rangers di un cannone a 801299 hanno avuto scarso effetto. Oggi sono state ricevute ulteriori coordinate che passano attraverso le tre aree sospette dove si intersecano le linee di griglia 7826 e 7928 e il quadrato 7829. Fotografie di queste aree scattate ieri sono sfortunatamente risultate oscurate dalle nuvole”. Il rapporto è firmato “Capt. RA. Counter Battery Officer, 13 Corps (Right Sector)”. Buona Pasqua del 2009 a tutti.
Valentino Rossetti - provenienza: Brescia (Italia)
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12/04/2009 16.21
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Grazie per la tua iniziativa, Maurizio.
Buona Pasqua anche a te.
baden - provenienza: Roccasecca
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13/04/2009 07.18
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Grazie per il bel contributo, non faremo mai abbastanza per ricordare quei ragazzi. Un primo importante passaggio potrebbe essere la visita ufficiale del Presidente della Repubblica Napolitano al Cimitero di Montelungo il prossimo 25 aprile. Ricordare e commemorare la liberazione d'Italia nel Cimitero dei caduti dell'esercito è un importante passo per ridare dignità ed importanza ai soldati italiani, inquadrati appunto nelle unità regolari dell'esercito, nella guerra per la liberazione d'Italia.
Roberto Molle
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13/04/2009 13.26
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Leggo con piacere il messaggio del Presidente dell'Associazione Battaglia di Cassino. Un'iniziativa che sogno da qualche anno è riportare a Cassino gli ultimi reduci del San Marco a me noti, Luigi Cavinato di Mestre e Giacomino Pieri di Monfalcone (recentemente sono venuto a sapere di un terzo reduce che vive a Napoli, ma non sta bene e non sono ancora riuscito a contattarlo). Purtroppo entrambi sono in condizioni di salute non molto buone e non si sentono di fare il lungo viaggio fino a Cassino. Penso però che se ci fosse un'iniziativa importante (che so, lo scoprimento di una targa o una commemorazione particolarmente significativa) uno o l'altro dei due potrebbe forse cambiare idea. Il 65° anniversario è un'occasione suggestiva, che potrebbe forse offrire qualche occasione.
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13/04/2009 13.27
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
13 aprile - seconda parte
Le fonti storiche non hanno ancora restituito nessun avvenimento che sia avvenuto con certezza nella data del 13 aprile 1944, sessantacinque anni fa. Nei resoconti ci sono però numerosi episodi vissuti dal San Marco sul fronte di Cassino di cui non si è ancora potuto ricostruire la data precisa. Uno di questi avrebbe ben potuto accadere il 13 aprile, ed è citato nell'articolo di Giacomo Pieri “Ricordi di una veterano del Bafile, prima puntata” pubblicato sulla rivista “San Marco” n. 55/56 del gennaio-giugno 2007: “Tutte le postazioni erano buche a cielo aperto, alcune più grandi e profonde coperte da tronchi e pietre con feritoie per i mitragliatori, le cosiddette case matte, che di giorno servivano per la squadra, e quando pioveva purtroppo si riempivano d'acqua. ... (omissis) ... Una bella e soleggiata mattina, mentre eravamo a riposare al riparo nella casamatta, sentimmo uno scoppio nella vicina postazione. Mi precipitai con altri compagni e sentimmo un grido in veneto: “i me ga fregà”. Era il marinaio Fiorin con il braccio e la mano ferite da schegge da mortaio. Lo caricai in spalla e con lui scesi al comando di plotone per la prima medicazione. Per il marinaio Fiorin la guerra finì sulle rive del fiume Rapido”.
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14/04/2009 00.15
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Anche per il 14 aprile 1944 le fonti non consentono di individuare con certezza avvenimenti specifici. Tuttavia Luigi Fulvi nell'opera già citata riferisce che “pochi giorni dopo” la morte dell'ardito Cortese, “in uno scontro col nemico avvenuto nei pressi di quota 907 cinque marinai furono tutti feriti gravissimamente e solo uno di essi riuscì a salvarsi rientrando faticosamente al reparto”. Poiché come già più sopra ricordato la morte dell'ardito Cortese avvenne l'11 aprile, lo scontro a quota 907 avvenne intorno al 14 aprile.
In quei giorni, come per tutto il periodo in cui il San Marco rimase a Cassino, tutte le notti uscivano pattuglie di marinai che si avventuravano nella “terra di nessuno” fra i due schieramenti. E' disponibile in rete (http://www.cmp-cpm.forces.gc.ca/dhh-dhp/his/rep-rap/doc/ahqr-rqga/ahq060.pdf) una relazione dell'11a Brigata di Fanteria Canadese, di cui faceva parte il Reggimento Westminster a cui il San Marco era aggregato nella “Corbould Force”. Vi si legge fra l'altro, relativamente agli ordini ricevuti in quel periodo, “Poiché un eventuale contrattacco in quell'area non era considerato fattibile [in altre parole se si fosse persa una posizione non sarebbe stato possibile riconquistarla], gli ordini erano di attestarsi tenacemente su tutte le postazioni dei plotoni, senza neanche pensare di ritirarsi”[“Since it was not considered feasible to carry out a counter-attack in the area, the policy was to hold tenaciously all platoon localities with no thought of withdrawal”]. A questo scopo, “il Quartier Generale della Brigata emanò istruzioni secondo le quali si doveva perseguire un'aggressiva politica di pattugliamento. La terra di nessuno doveva essere dominata e si dovevano compiere puntate in profondità nel territorio nemico” [“Brigade Headquarters issued instructions saying that an aggressive patrol policy would be pursued. "No-Man's-Land" had to be dominated and forays made deep into enemy territory”].
Scrive il reduce del San Marco Luigi Cavinato nelle sue memorie, già sopra citate, a proposito del periodo di permanenza del San Marco sul fronte di Cassino: “La cosa però che non vorresti mai essere chiamato a fare è andare di pattuglia nella terra di nessuno. Il tenente prende con sé due di noi, a turno, ti consegna un mitra con due caricatori e una bomba a mano. A me è capitato di partecipare una volta, durante la permanenza in prima linea. Si parte di notte, ci comunicano la parola d'ordine, che è in inglese. Ne ricordo due: “pipe-tobacco” e “bred-butar”. Durante la perlustrazione, se avverti qualche rumore sospetto, il tenente grida “alt-pipe” e l'altro, se c'è, deve rispondere “tobacco” altrimenti si spara in tutte le direzioni. Naturalmente la parola d'ordine cambia ad ogni uscita. E' un'esperienza che ti mette a dura prova: senti che la vita è appesa al sottile filo della fatalità”.
Una curiosità per me interessante: “pipe-tobacco” (anzi per la verità “tobacco-pipe”) era una delle due parole d'ordine che anche mio padre ricordava...
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15/04/2009 00.16
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 15 aprile 1944 il San Marco passò dalle dipendenze della IVa Divisione di Fanteria britannica a quelle della IIa Divisione Neozelandese, che assunse il comando del settore della valle del Rapido. Il San Marco continuò a rimanere aggregato al Reggimento Westminsters costituendo con esso una struttura “ad hoc” chiamata come già detto “Corbould Force”. Cfr. la già citata relazione dell'11a Brigata di Fanteria Canadese: “on 15 Apr, command of the sector was relinquished by the British division and taken over by 2 NZ Div”. Conferma L. Fulvi. op. cit.: “Intorno a metà di aprile il battaglione [Bafile] passò dalla IVa Brigata britannica alle dipendenze della 2a Divisione Neo Zelandese, comandata dal Generale Freybergh”. Notare la differente terminologia con cui viene indicata l'unità britannica (“Division” nel documento canadese che su questo punto sembra più attendibile, “Brigata” nel libro di Fulvi).
Sempre in data 15 aprile il comando dell'11a Brigata di Fanteria Canadese redasse un rapporto di “intelligence” di cui possiamo venire a conoscenza perché è riportato in sintesi nella relazione sopra citata. Dalla sua lettura si poteva evincere che gli Alleati conocevano solo vagamente la composizione delle unità tedesche dall'altra parte del fronte. Sulla parte sinistra “si presumeva che la Brigata Alpina di S.S. “Doehla” [S.S. Doehla Mountain Brigade] fosse in linea”. Sulla parte destra “si pensava che la 5a Divisione Alpina occupasse ancora le sue posizioni”. Ancora meno informati dovevano essere i tedeschi, se è vero che, come si legge nel resoconto canadese, alcuni giorni dopo che i Canadesi (e gli Italiani) erano in linea il nemico continuò ad inviare volantini di propaganda scritti in arabo ed in francese (come si sa la zona era stata in precedenza teatro di ripetuti attacchi da parte del Corpo di Spedizione Francese). “Una vigorosa attività di pattuglia da parte del nemico fu interpretata come a significare che i tedeschi erano incerti circa l'identità dei loro avversari come i Canadesi lo erano dei loro”, cioè entrambi gli schieramenti non erano ben sicuri di chi ci fosse esattamente davanti a loro.
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16/04/2009 09.01
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 16 [aprile] mattina, il Gen. Freyberg [Comandante della 2a Divisione Neozelandese da cui ora il San Marco dipendeva] dette incarico al comandante Tesi [Comandante del Reggimento San Marco] di portare a conoscenza di tutti gli ufficiali e marinai del “Bafile” [l'unico battaglione del Reggimento San Marco allora in linea] il compiacimento e l'elogio per “aver dimostrato slancio, spirito combattivo ed alto senso del dovere” nei primi giorni di permanenza sulla linea del fuoco” (W. Ghetti, In lotta per la libertà, Mursia 1975). Il Capitano di Vascello Augusto Tesi, Comandante del Reggimento San Marco, ebbe rapporti molto cordiali col Generale Freyberg, che da subito mostrò di apprezzare il Battaglione Bafile (L. Fulvi, op. cit.). Il Generale Freyberg era solito compiere frequenti visite agli uomini al fronte. Il reduce del San Marco Sig. Giacomo Pieri mi ha raccontato che una volta anch'egli, in prima linea lungo il corso del Rapido, ricevette con i suoi compagni la visita del Generale. Questi si presentò senza essere annunciato, accompagnato da un neozelandese di origini venete che iniziò a tradurre parlando in dialetto con Pieri. In seguito, nel successivo mese di maggio 1944, “nell'accomiatarsi dal battaglione Bafile, ... , egli [Freyberg] aveva chiesto al Comandante Tesi che cosa avrebbe potuto fare per dimostrare la sua amicizia e la sua soddisfazione per aver avuto alle sue dipendenze i “marines” italiani. Il Comandante Tesi gli chiese allora di appoggiare la richiesta ... per ottenere che il Battaglione “Grado”, ormai pronto, potesse unirsi al Bafile, per consentire a tutto il Reggimento San Marco di combattere come tale per la liberazione del Paese. Il Generale Freyberg promise che avrebbe portato direttamente tale richiesta al Maresciallo Alexander, Comandante del Gruppo di Armate e, lealmente, mantenne tale promessa” (L. Fulvi. op. cit.). Il successivo 30 giugno il battaglione Grado entrò in linea a fianco del Bafile. “L'arrivo del Grado ed il conseguente raggruppamento del reggimento [San Marco] ... erano frutto delle pressioni esercitate, presso il Comando dell'8a Armata, dal Generale Freyberg, che manteneva una promessa fatta al comandante Tesi” (Le Fanterie di Marina Italiane, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1998).
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17/04/2009 12.55
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 17 [aprile] su Monte Cicurro cadeva, mentre era di pattuglia, l'aspirante guardiamarina Augusto Albanese” (Le Fanterie di Marine Italiane, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1998). Antonio Ricchezza nell'opera già citata lo elenca fra i Caduti come “Asp. [Aspirante Guardiamarina] Albanese Cesare”. In realtà il nome esatto del Caduto era Augusto Cesare Albanesi (con la “i”), nato il 17/5/1922, allievo del Corso di Stato Maggiore dell'Accademia Navale di Livorno (cfr. Annuario della R. Accademia Navale, anno 1941-42*XX). Abitava a Roma ed era figlio di madre vedova.
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18/04/2009 00.08
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Sotto la data del 18 aprile 1944 cominciò ad avere pratica ed effettiva attuazione la trasformazione del I° Raggruppamento Motorizzato italiano in Corpo Italiano di Liberazione. La data di nascita di quest'ultimo deve quindi essere considerata quella riportata sopra [appunto 18 aprile]” (Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico: Il Corpo Italiano di Liberazione, Roma 1950). Il cambiamento di denominazione era per la verità già stato deciso molto tempo prima. In data 3 aprile '44 lo Stato Maggiore del Regio Esercito comunicava “L'A.C.C. [Allied Control Commission] ha comunicato che è stato autorizzato che la nostra G.U. [Grande Unità] combattente venga chiamata <<Corpo Italiano di Liberazione>> con decorrenza dal 22 marzo u.s. Costituzione e dipendenze rimangono invariate. Evitare l'uso dell'abbreviazione C.I.L. [sic!]” (Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico: Il I° Raggruppamento Motorizzato, Roma, 1968, All. 37). Il mutamento, tuttavia, pare non fosse stato molto divulgato, tanto che ancora domani, il 19 aprile 1944, il Capo di Stato Maggiore Gen. Messe scriverà al Ministero degli Affari Esteri: “Per riservata [sic!] notizia di codesto Ministero comunico che, in seguito ad autorizzazione della Commissione Alleata di Controllo, dal 2 marzo c.a. la Grande Unità Italiana operante con le Armate Anglo-Americane ha assunto il nome di Corpo Italiano di Liberazione” (Autori Vari, 1944: anno di memoria. Partecipazione italiana alle operazioni militari contro i tedeschi. Rivista di studi politici internazionali, Vol 71, No 2, 2004). Nel riassumere le Unità chiamate a far parte del C.I.L., il Gen. Messe scriverà fra l'altro: “Il “Bafile” è in linea alle dipendenze del XIII C.A. inglese”.
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19/04/2009 12.27
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Nella data del 19 aprile le fonti non consentono di identificare episodi precisi. Il seguente episodio è riportato nel Diario del Reggimento Westminster (che col Bafile costituiva la “Corbould Force”) e non ha data. “A metà del pendio della Cresta Internazionale [“International Ridge”] era posizionato un gruppo di paracadutisti scozzesi al comando di un geniale e brillante maggiore britannico. ... Su richiesta del maggiore degli Scozzesi una pattuglia di due uomini Soldato Wally Bodin e Caporale Ron Hurley) fu inviata a valle, lungo il corso del Rapido quasi in secca, per verificare un rapporto degli Italiani circa la presenza di una pattuglia di Jerry [Tedeschi] un miglio a valle. Mentre stavano verificando qualcosa di sospetto sotto un enorme masso i due furono improvvisamente sorpresi, rimanendo senza parole quando quattro enormi cani passarono praticamente sopra di loro uscendo a tutta velocità. Dopo essersi riavuti, Hurley e Bodin esplorarono attentamente il luogo e scoprirono che sotto la roccia, che creava quasi una cavità, c'erano inconfondibili segni di permanenza germanica, fra cui razioni, respiratori [“respirators”] e perfino alcune grosse ossa di cane. Decisero che quelli erano cani tedeschi da pattuglia [in italiano e in maiuscolo nel testo: “Tedeschi Patrol dogs” – immagino che i Canadesi non conoscessero i Pastori Tedeschi e ne avessero sentito parlare dagli italiani, forse da qui il nome italiano nel testo]. Così i Paracadutisti non persero tempo e misero una guardia per la notte nel letto del fiume per dare loro il benvenuto se fossero ritornati assieme ai loro padroni” (Maggiore J.E. Oldfield, The Westminster's War Diary, New Westminster, BC, Canada, 1964).
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20/04/2009 09.11
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“La mattina era soleggiata, tutto era calmo e non si sentiva uno sparo. Stavamo uscendo dal comando [a Valvori] con i viveri, quando vedemmo un marinaio scendere dalla strada, al coperto dal muro di una casa e, in quel preciso istante, sentimmo un colpo di mortaio con il conseguente tipico sfarfallio. Ci buttammo a terra e dopo lo scoppio alzammo gli occhi e vedemmo il marinaio accasciato al suolo. Corremmo presso di lui, sul momento non sembrò avere gravi ferite, ma poco dopo morì senza un lamento. Sul camisaccio all'altezza del cuore si vedeva un piccolo foro bruciacchiato. Una piccola scheggia lo aveva colpito al cuore. Era di Trieste” (G. Pieri, Ricordi di un veterano del “Bafile”, parte 2, San Marco, n. 57/58, luglio/dicembre 2007). “...un'altra scheggia di mortaio, piccolissima, aveva fulminato, trapassandogli il cuore, il marinaio Menghini, triestino, incautamente uscito allo scoperto, di giorno, da una casa di Valvori, dove era al riparo la sua squadra” (L. Fulvi, op. cit.). Queste due narrazioni si riferiscono evidentemente allo stesso episodio, che un po' di ricerca consente di datare con buona probabilità al 20 o 21 aprile 1944. Infatti Fulvi dice che l'episodio avvenne “pochi giorni prima” del 23 aprile, e Pieri dice che era una mattina soleggiata. Nel diario dell'allievo ufficiale Gino Damiani, in forza al Corpo Italiano di Liberazione qualche chilometro più a est, nel settore di Monte Marrone (E. Damiani, Ci riconosceremo sempre fratelli, Nordpress, Chiari (Brescia) 2004) si legge in data 20 aprile “finalmente torna il sole” dopo un periodo di brutto tempo, mentre il 22 era brutto tempo. Siccome la morte del marinaio Menghini di Trieste è avvenuta una mattina di sole pochi giorni prima del 23 aprile, essa può essere molto probabilmente datata al 20 o al 21 aprile.
Camminare all’aperto nella valle del Rapido durante la primavera del 1944 era un’attività molto pericolosa. Secondo il diario dei Westminsters, “quasi ogni giorno” il reggimento subiva perdite a causa dell’artiglieria nemica durante le ore diurne. Si veda anche, su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=153&bar=no) la testimonianza del Sergente Fred West, dello stesso Reggimento Westminsters cui il San Marco era aggregato: “le nostre posizioni erano sotto osservazione durante il giorno, così che alle prime luci del giorno ci spostavamo [al riparo] dietro il cimitero ed occupavamo le nostre posizioni di notte”. Anche mio padre fu in una occasione il bersaglio dell’artiglieria tedesca durante le ore diurne (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=112&p=3&lang=ita&bar=no).
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21/04/2009 01.28
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 21 [aprile] il reggimento Westminsters [componente la “Corbould Force” con il San Marco], che rimaneva in prima linea con un minor numero di perdite rispetto alle altre unità, ebbe l'onore di fare il primo prigioniero, che fu “trattenuto” quando una pattuglia tedesca si avventurò troppo vicino ai Canadesi” (Movement and Operations of 11 Cdn Inf Bde Gp, Italy, 9 Apr - 5 May 44 – [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
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22/04/2009 10.05
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 22 aprile cadeva durante un attacco tedesco notturno contro Monte Cicurro il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli. Si legge nell'atto di morte stilato dal Tenente Medico Arturo Mutti e dal Tenente Cappellano Don Roberto Sighinolfi: “...morto in seguito a ferite da schegge di mortaio; ferite multiple in tutto il corpo”. Era nato il 14 novembre 1921 a Mezzano e abitava a Marcheno, in provincia di Brescia. A. Ricchezza (op. cit.) lo ricorda fra i Caduti come “Cann. [Cannoniere] Antoniolli Giovanni”. Per chi legge questo sito il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli ha un'importanza particolare, in primis in quanto volontario caduto in guerra, ma non di meno perché è grazie a lui (in un certo senso) che la ricerca sul battaglione Bafile del Reggimento San Marco ha subito un impulso direi decisivo. Qualche anno fa il suo concittadino Valentino Rossetti ha con intraprendenza raccolto le prime notizie su questo Caduto “anomalo” (un marinaio caduto in mezzo alle montagne) e le ha pubblicate su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/doc/Antonioli1.asp). Di qui la ricerca che ne è seguita, comprese queste mie stesse note.
Grazie alla testimonianza del reduce Luigi Cavinato, commilitone di Antonioli, le circostanze in cui questi cadde hanno potuto essere ricostruite e ne è stata data relazione su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=236&bar=no). Nella stessa azione in cui cadde Antonioli fu ferito il Furiere Luigi Cavinato, autore delle memorie da cui ho tratto l'informazione, che venne per quella azione insignito di Croce di Guerra al Valor Militare. Altri furono colpiti, ma non ne sappiamo i nomi né la sorte. Notizie in merito (rivista San Marco, già citata) sono meno precise e non consentono, per motivi che sarebbe lungo discutere, conclusioni certe sui nomi degli altri feriti o caduti in quella occasione.
Di certo si sa solo che l'attacco tedesco venne infine respinto.
Come la grande maggioranza dei volontari del San Marco anche il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli era reduce dalla guerra sul mare. Nella documentazione che mi ha a suo tempo fatto avere Valentino Rossetti si legge che era stato imbarcato come Sottocapo Cannoniere P.M. (puntatore mitragliere) sul Cacciatorpediniere “Premuda” a bordo del quale aveva partecipato alla vittoriosa Battaglia di Pantelleria (http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_mezzo_giugno) ottenendo la Croce di Guerra al Valor Militare sul campo. Promosso Sergente l'1/4/43, sbarcò dal Premuda il 31/8/1943. Fu subito imbarcato sull'Incrociatore “Garibaldi” che una settimana dopo a seguito dell'armistizio si consegnò agli Inglesi trasferendosi a Malta. Nonostante potesse a questo punto godere di una vita relativamente tranquilla, il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli scelse tuttavia di dare ancora il suo contributo alla Patria sul campo di battaglia e si arruolò volontario nel Reggimento San Marco. Fu incorporato nel Reggimento il 15 dicembre 1943. Cadde in combattimento sotto un attacco tedesco, nelle circostanze di cui si è detto, il 22 aprile 1944, esattamente sessantacinque anni fa.
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23/04/2009 00.05
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 23 aprile era morto a seguito di ferite da schegge di mortaio il Capo Silurista Mauro Ciaramelli” (L. Fulvi, E i marinai scesero dalle navi, Centro di Storia della Guerra di Liberazione, Stilgrafica, Roma). Con la scusabile imprecisione che ormai gli conosciamo, A. Ricchezza lo ricorda come “Cap. [immagino sia una abbreviazione imprecisa di “Capo”, grado tipico ed esclusivo della Marina] Ciaranelli Marco”. Nell'elenco dei Caduti stilato da Ricchezza, il nome di Ciaramelli viene immediatamente dopo quello di Antonioli, caduto ieri 22 aprile (v. sopra). L'identità della causa di morte (ferite da proiettili di mortaio) e la contiguità della data (22-23 aprile) mi fanno pensare che forse Ciaramelli sia stato ferito nella stessa azione in cui è caduto Antonioli, e sia deceduto il giorno dopo per le ferite riportate. La foto della sepoltura del Capo Silurista di Prima Classe Mauro Ciaramelli mi è stata inviata da Alberto Turinetti di Priero e può essere vista su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it:80/risorse/image_view.asp?id=2447&d=1&idr=00). Come quella di Domenico Cortese si riferisce al primo cimitero di guerra del Bafile, che era situato nel parco di una villa di Valvori. In seguito questa e altre sepolture sono state trasferite al Sacrario di Montelungo o in sepolture private nei luoghi d'origine.
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24/04/2009 19.26
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Due volte, il 23 e il 24 aprile, aerei nemici comparvero sopra le nostre teste ma furono respinti, probabilmente con qualche [loro] perdita” (Movement and Operations of 11 Cdn Inf Bde Gp, Italy, 9 Apr - 5 May 44 – [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link] L'attività della Luftwaffe a Cassino era in quel periodo abbastanza intensa anche se in generale concentrata più a ovest, sul fronte della Quinta Armata USA dove più immediata era la minaccia per la città di Cassino: “...sul fronte della Quinta Armata, appena ad ovest [dei reparti canadesi nell'alta Valle del Rapido] la Luftwaffe era piuttosto attiva e quindi mimetismo e copertura erano della massima importanza [anche nel settore dei Canadesi]” (ibidem). Di questo attacco aereo tedesco in data 24 aprile si trova traccia anche nel diario di Gino Damiani (E. Damiani, Ci riconosceremo sempre fratelli, Nordpress, Chiari (Brescia) 2004). In data 24 aprile l'allievo ufficiale Damiani, di stanza nel settore di Monte Marrone, scriveva “...ad ovest di Cassino razzi e violento bombardamento tedesco. Che fuoco! La formazione tedesca, sia all'andata che al ritorno, ha sorvolato noi...”.
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25/04/2009 10.20
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 25 aprile 1944 un giovane Sottotenente del San Marco, già allievo della Regia Accademia Navale di Livorno, scriveva una pregnante pagina del suo diario, che è stata trascritta nella parte di questo sito a lui dedicata (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=156&bar=no). Si chiamava Luigi Laviosa ed era originario della Val di Non in provincia di Trento. Luigi Laviosa cadrà in combattimento pochi mesi dopo, il 21 luglio 1944, a Belvedere Ostrense. Dopo la guerra le sue spoglie saranno sepolte ai piedi delle sue Alpi dove tuttora riposano (http://valledelleden.blogspot.com/2008/11/leroe-dimenticato-luigi-laviosa-1922.html).
Nella pagina del 25 aprile Laviosa dice che di fronte a lui, mentre stava scrivendo, parlava al telefono l'ufficiale canadese di collegamento, di nome Douglas. Un paio d'anni fa ho trovato in rete il numero di maggio-giugno 2002 del periodico “Forum”, definito “A Publication of the Association of British Columbia Professional Foresters”. Contiene il necrologio di Ross R. Douglas, 1914-2002 che, si legge, “Per sei anni a partire dal 1939 ... prestò servizio nell'Esercito Canadese, in particolare con il Reggimento Westminster con il quale passò due anni in Italia”. La stessa rivista pubblica la foto di Ross Douglas, che fra breve sarà visibile anche su questo sito. Il reduce canadese Sig. Fred West mi ha confermato che si tratta proprio di quel Ross Douglas che sessantacinque anni fa stava parlando al telefono dinanzi a Laviosa. Dopo la guerra divenne un membro di spicco dell'industria forestale canadese.
Nella pagina di diario datata 25 aprile, che si può leggere all'indirizzo sopra citato, il Sottotenente Laviosa riporta notizie sulle operazioni in corso (“...si attende un attacco all’ala sinistra giù nella valle, dove è ora la nostra 3a compagnia e gli Arditi. Ci sono pattuglie nemiche non lontane. Il mio capitano è fuori per andare alle postazioni e so che non è arrivato a destinazione” e così via) ma la frase che più resta impressa è l'ultima: “Ho ventidue anni compiuti. Talora mi sento bambino, talora uomo. Talvolta mi sembra che tutto sia finito e piango sulla natura umana; talvolta, come in questo momento, la fiducia mi sostiene.”.
Nota dell'AmministratoreL'immagine del necrologio di Ross Douglas è disponibile a:
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26/04/2009 17.10
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Nella data del 26 aprile 1944 le fonti non ci hanno riportato nessun avvenimento certo. Invece ieri 25 aprile 2009 ho avuto il grande piacere di una lunga conversazione telefonica con un reduce del San Marco che combatté a Cassino e oltre. Fra i tanti ricordi di cui mi ha gratificato, quello dell'Aspirante Guardiamarina Augusto Cesare Albanesi, del quale ho scritto il 17 aprile (v. sopra) nel sessantacinquesimo anniversario della morte. Il reduce con cui ho parlato era molto amico di Albanesi, per il quale ha avuto parole di ricordo quasi fraterno. Egli mi ha meglio precisato, correggendo in parte le fonti scritte, le circostanze della sua morte. L'Aspirante Guardiamarina cadde non mentre era di pattuglia ma a seguito di un improvviso attacco tedesco contro postazioni del San Marco. Albanesi reagì prontamente lanciando una bomba a mano che, come ha raccontato il reduce, “portò via la faccia a un tedesco”. Quest'ultimo fece ancora in tempo a esplodere una raffica contro Albanesi colpendo mortalmente alla gola l'allievo ufficiale italiano.
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27/04/2009 00.43
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 28 aprile 1944 il servizio informazioni (“Intelligence”) del XIII Corps inglese compilava il secondo dei due rapporti giornalieri sull'attività di artiglieria tedesca che sono arrivati in mio possesso, il primo essendo quello di cui ho relazionato in data 12 aprile. Il rapporto del 28 aprile si riferisce al giorno precedente, 27 aprile 1944. Mentre l'11 aprile l'attività prevalente era stata contro il settore a nord-est di Cassino, il 27 l'artiglieria tedesca si concentrò soprattutto su Cassino e a sud della città.
Alberto Turinetti di Priero mi ha svelato il significato dei codici usati dagli artiglieri e mi ha fatto avere la mappa usata dagli Inglesi nel 1944, sono quindi in grado di identificare (con una certa approssimazione) le località che furono bombardate dai Tedeschi nelle due date. A breve sarà visibile su questo sito una carta che riporta in rosso le zone cannoneggiate l'11 aprile, in verde l'unica zona del nord-est di Cassino che fu cannoneggiata il 27.
Nota dell'AmministratoreLa carta topografica citata è disponibile a:
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28/04/2009 07.17
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 28 aprile uno dei più pesanti bombardamenti di mortaio, stimato in oltre 400 bombe, cadde sul settore Valvori-Cicora [N.B.: intende dire Valvori-Cicurro], che comprendeva la Compagnia “A” del Reggimento Westminster” (Movement and Operations of 11 Cdn Inf Bde Gp, citato). La Compagnia A dei Westminster era posizionata a Valvori. Mi scrive il Sergente Fred West, reduce del Westminster: “...il Maggiore Mahony [lo stesso che ricevette poi la Victoria Cross sul fiume Melfa] era il Comandante della Compagnia “A”, che era l'unica Compagnia a Valvori” e più avanti “La mia sezione era posizionata sul limitare di un cimitero proprio in cima alla cresta davanti a Valvori ... i Marines erano posizionati al nostro fianco destro”. Il San Marco era presente in tutto il settore Valvori-Cicurro (cfr. Fulvi, op. cit., e altri). Scrive ancora il Sergente Fred West: “Ricordo i fanti di marina italiani [“Marines”nel testo inglese] che erano aggregati [“attached”] alla mia compagnia, ricevettero un bombardamento molto brutto una notte, non ricordo quante furono le loro perdite, ma fu un fuoco molto intenso e sono certo che ebbero delle perdite”. Il Sergente West ritiene che le postazioni del Bafile fossero particolarmente vulnerabili perché i marinai, inesperti della guerra a terra, facevano troppo rumore nei loro spostamenti consentendo ai tedeschi una facile identificazione. Anche il Sergente Orme Payne, altro membro della Compagnia A secondo Fred West, ricorda la notte in cui i tedeschi cannoneggiarono il Bafile: “Ricordo la notte in cui i Tedeschi identificarono l'unità Bafile – fu un completo macello. Ho spesso pensato che quel bombardamento voleva essere una lezione perché non si erano schierati dalla loro parte”.
Ultima modifica di Valentino Rossetti il Dom Giu 20, 2010 1:14 pm - modificato 3 volte.
Oggi, sessantacinque anni fa (2^ parte)
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29/04/2009 08.32
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
In data 29 aprile 1944 il Guardiamarina Luigi Laviosa (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=156&bar=no) scriveva nel suo diario: “Qui in questo momento si sta dirigendo il fuoco delle nostre artiglierie. La mia compagnia è partita di qui ieri per cinque giorni di riposo a Vallerotonda. Io la seguirò domani; sono rimasto qui solo per aiutare il collegamento con la 1a Comp. che ci rileva. Tra una settimana andremo tra Valvori e Monte Cicurro, posizioni pericolose”. Lasciato in seguito il fronte di Cassino dopo la caduta della linea Gustav, il Guardiamarina Luigi Laviosa cadrà il 21 luglio 1944 nella conquista di Belvedere Ostrense, vicino a Jesi. Ferito da un proiettile di artiglieria che gli asportò la massa muscolare di entrambe le cosce, venne trasportato in ospedale dove morì il giorno dopo, pare per setticemia (notizia che ho appreso durante la conversazione telefonica del 25 u.s., sopra menzionata).
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30/04/2009 00.15
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 30 aprile 1944 nel campo tedesco decedeva a seguito di ferite riportate in precedenza il Caporalmaggiore Josef Koller. Il suo necrologio (“Sterbebild”) è visibile su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/risorse/image_view.asp?id=2471&d=1&idr=00), purtroppo la foto è stata asportata prima che il documento venisse in mio possesso. Anche se riteniamo sbagliata l'ideologia per cui questo giovane austriaco combatté e cadde, non possiamo evitare di sentirci toccati dal lato umano della sua morte. Il Caporalmaggiore apparteneva ai reparti del Genio (“Pionier”) ma viene definito “Gebirgsjager”, si può perciò ritenere che fosse aggregato alla 5a Divisione di Alpini (“Gebirgsjager”) che in quel periodo presidiava la linea Gustav a nord-est di Montecassino, da Masseria Albaneta lungo il lato destro del fiume Rapido (v. [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link] Una parte di questa linea era opposta al settore tenuto, fra gli altri, dal Reggimento San Marco. Nel necrologio si legge “Al nostro indimenticabile figlio e fratello, il Caporalmaggiore del Genio [“Pionier Obergefreiter”] Josef Koller. Figlio del maestro pittore a Erl presso Kufstein [in Tirolo, al confine con la Baviera], ha preso parte alle operazioni sul campo nei Balcani, a Creta e contro i Sovietici. Insignito della Croce di Ferro di 2a Classe, della Croce Militare del Regno di Bulgaria, della Medaglia al Valore [“Tapferkeit Ordenz”] di 4a Classe, della Medaglia dell'Est, del distintivo delle truppe d'assalto e del distintivo dei feriti. Il 30 aprile 1944 all'età di 24 anni trovò la morte da eroe sul fronte dell'Italia Meridionale presso Cassino dopo una grave ferita”. Sul lato opposto sotto la croce si legge “Lontano dall'amato paese natio il nostro intrepido Alpino [“Gebirgsjager”] sacrificò la sua promettente vita nel fiore degli anni per la santa madre patria”.
Toccante una lirica in cui si immagina che il Caduto si rivolga ai suoi cari: ”Miei genitori, fratello e sorella, non tornerò mai più da voi. L'ultimo pensiero e il mio ultimo sguardo tornarono rapidamente ancora a voi. Io so che voi piangete amaramente perché io così lontano sono affondato fra l'erba giù nella mia tomba oscura, dove solo risplendono le stelle silenziose. Quando io morii nella terra nemica là nessuno mi tese la mano”.
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01/05/2009 09.40
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Poi venne maggio. Ben presto sarebbe stata ora di lasciare di nuovo la prima linea, ma non prima di lamentare nuovi caduti”. Così si legge nel resoconto “Movement and Operations of 11 Cdn Inf Bde Gp”, già prima citato. I Canadesi si preparavano ad essere avvicendati e lasciare l'alta valle del Rapido, mentre il San Marco vi sarebbe rimasto ancora per alcune settimane. In questa attesa, le fonti non ci hanno ancora riportato avvenimenti accaduti nelle date di oggi e domani, 1 e 2 maggio 1944, su questo tratto di fronte.
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03/05/2009 17.17
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 3 maggio 1944 arrivarono il gruppo di ricognizione e coordinamento [“Orders Group”] e le armi pesanti della Cavalleria Leggera Imperiale [“Imperial Light Horse”] del Reggimento Kimberley, e l'avvicendamento fu effettuato senza incidenti, anche se le avanguardie dei gruppi partenti furono letteralmente buttate giù per la discesa da un'impressionante dimostrazione pirotecnica del nemico”. (The Westminsters' War Diary, già citato). “Alle 6 del pomeriggio del 3 Maggio la Batteria da Campagna [“Field Battery”] 3/17 aveva raggiunto il punto di raccolta per avvicendare la 17a Batteria da Campagna dell'Esercito Reale Canadese. Con l'aiuto di due bull-dozers, i cannoni da 25 libbre furono spinti su per la terribile strada da Pozzilli ad Acquafondata, e il pomeriggio del 4 maggio il Reggimento 1/6 avvicendò i Canadesi” (“N. Orpen, South African Forces WW2, Vol 5: Victory in Italy, Purnell, Cape Town e Johannesburg, 1975). L'11° Gruppo di Brigate di Fanteria Canadese, che dal 9 aprile aveva tenuto la linea a nord-est di Cassino e a cui il San Marco era stato aggregato, iniziava a ritirarsi dall'alta valle del Rapido. Era richiamato nelle retrovie per una riorganizzazione in previsione dell'ormai imminente attacco finale a Cassino, e al suo posto iniziava a entrare in linea il 12° Gruppo di Brigate Corazzate Sudafricano.
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04/05/2009 20.05
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Oggi e domani nell'alta valle del Rapido continuò l'avvicendamento fra Canadesi e Sudafricani. Come già ieri, anche oggi i Tedeschi fecero del loro meglio per disturbare l'avvicendamento. “Il 4 maggio, forse stimolato da un'aggressiva pattuglia della Compagnia “C” dei Cape Breton Highlanders, il nemico sparò oltre 500 bombe e schegge. Questo accadde come sequela di un breve e intenso scontro a fuoco nel quale la pattuglia lamentò alcuni caduti. Dopo questo gesto d'addio, l'11a Brigata di Fanteria Canadese si ritirò dalla prima linea il 5 maggio 1944, avvicendata dai Sudafricani, e si spostò di riserva nell'area di Capua e di Caserta”. (The Westminsters' War Diary, già citato). “Alle 2 del mattino del 6 maggio l'avvicendamento dei Canadesi era stato completato senza incidenti di sorta, ...” (N. Orpen, op. cit.). Il San Marco rimaneva sulle sue posizioni, e non se ne sarebbe spostato fino a dopo la fine dell'operazione Diadem. Dopo l'avvicendamento del Westminster fu aggregato, mantenendo lo stesso schieramento, al Reggimento denominato Imperial Light Horse/Kimberley (ILH/KimR), formato dalla fusione dei due reparti omonimi. I Reggimenti San Marco e ILH/KimR uniti vennero denominati “Reeves Force” dal nome del Comandante, Tenente Colonnello R. Reeves-Moore (N. Orpen, op. cit.). Tuttora il Reggimento “Light Horse” dell'Esercito Sudafricano, erede dell'Imperial Light Horse, annovera “Cassino” fra i suoi “Battle Honours” (http://en.wikipedia.org/wiki/Light_Horse_Regiment#Battle_honours).
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06/05/2009 16.29
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Non sappiamo con certezza cosa avvenne il 6 e il 7 maggio. Naturalmente, ciò non vuol dire che non accadde nulla. Numerosi sono gli episodi che coinvolsero il San Marco sul fronte di Cassino di cui non conosciamo la data. Due di questi accaddero al Mulino del Vado. Del primo ci dà notizia Luigi Fulvi (op. cit.): “Una notte una squadra della 1a compagnia del Bafile, appostata al Mulino del Vado fu attaccata da una grossa pattuglia tedesca che, avvistata però tempestivamente, fu inchiodata dove si era rivelata e, nonostante la notevole supremazia di numero, costretta a ritirarsi con vari feriti dopo circa due ore di fuoco. Abbondanti tracce di sangue trovate sul terreno all'alba confermarono ciò. Nessuna perdita fra i marinai”. Il reduce, all'epoca sottotenente del Genio Navale, con cui ho avuto il piacere di parlare telefonicamente lo scorso 25 aprile (v. sopra) era il comandante del plotone che occupava il Mulino del Vado. Si trattava, per maggiore esattezza, del 1° plotone della 2a compagnia del battaglione Bafile. Pochi giorni prima egli aveva ricevuto l'ordine (scritto di pugno del Capitano Manca, su un biglietto che per anni ha poi conservato) di occupare l'edificio, ormai ridotto a rudere. Nel foglio si specificava che il collegamento col Comando, impossibile per radio data la conformazione del terreno, sarebbe avvenuto tramite portaordini. Il Sottotenente occupò l'edificio e vi pose nelle vicinanze, a protezione, una mitragliatrice. La notte di cui si parla (come si ricorderà, operazioni e spostamenti avvenivano di notte per evitare tiri di mortai, cannoni e cecchini) una pattuglia tedesca si avvicinò, pensando di trovare disabitato il rudere e di occuparlo (il Sottotenente ricorda di avere visto alcuni tedeschi in avvicinamento col mitra a tracolla anziché in mano). Avvistatili, i marinai ingaggiarono una sparatoria e ben presto entrò in azione la vicina mitragliatrice. I Tedeschi si ritirarono e il giorno dopo i marinai trovarono abbondanti tracce di sangue in una buca antistante il rudere. Nessun ferito fra gli Italiani. A ulteriore parziale correzione di Fulvi, il reduce ricorda che la sparatoria durò dieci minuti. Il secondo dei due episodi vide invece coinvolto il marò Giacomo Pieri, che ne riferisce sul numero già citato della rivista “San Marco”: “Qualche giorno dopo, verso l'imbrunire, ci venne data una parola d'ordine. Alla richiesta “rice” la risposta doveva essere “pudding” ... quella notte nel nostro settore era previsto il rientro di una nostra pattuglia. Invece quella notte anziché la nostra pattuglia ci capitò a ridosso una pattuglia tedesca. Il marinaio Trevisan piano ma distintamente chiese la parola d'ordine “rice” ripetutamente ma anziché la controparola ci arrivò addosso una scarica di bombe a mano. Per nostra fortuna non ci causarono danni e, intravedendo delle ombre sul crinale, feci fuoco col mitragliatore, ma dopo un paio di colpi l'arma si inceppò e mentre i miei compagni rispondevano con le bombe a mano, io rimisi in funzione l'arma. Dopo un breve ma intenso scambio di colpi calò improvvisamente ma con piacere il silenzio, i tedeschi si sganciarono e la situazione tornò tranquilla ... Il mattino seguente davanti a noi rilevammo con sorpresa delle tracce di sangue. La nostra squadra era composta da quattro fucilieri con mitragliatore. Oltre al sottoscritto, Trevisan, Rafaelli e Ottochian”.
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08/05/2009 00.26
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“L'8 maggio il Generale Utili inviò al comandante del Btg. Bafile il seguente messaggio: <Attraverso un arido elenco, chiesto a scopo puramente statistico, i soldati del I Raggruppamento Motorizzato hanno appreso con commossa fierezza di camerati e soprattutto di gente dello stesso sangue l'alto sacrificio in caduti e feriti che il Btg. Bafile ha già offerto alla causa della riscossa nazionale. In attesa di trovarci effettivamente spalla a spalla ad affrontare insieme in una compattezza fiduciosa e gagliarda le sorti di uno stesso combattimento, i soldati del I Raggruppamento Motorizzato lanciano ai fanti del mare il vibrante saluto del loro orgoglio e del loro affetto fraterno>” (W. Ghetti. op. cit.).
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10/05/2009 22.00
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Ieri e oggi, 9 e 10 maggio 1944, si preparava l'attacco finale alla linea Gustav, previsto per le 23,00 di domani 11 maggio 1944. Il Reggimento San Marco, unito come già detto ai Sudafricani e come loro sotto il comando neozelandese, avrebbe affrontato la battaglia assieme alle unità alleate sul fianco destro del Secondo Corpo d'Armata Polacco. Nella battaglia ormai prossima, il compito delle Unità di questo settore sarebbe stato quello di “mantenere sicuro il fianco destro dell'Ottava Armata, e inoltre attuare un'operazione dimostrativa nel settore della Seconda Divisione Neozelandese per far credere al nemico che avrebbe dovuto aspettarsi un attacco contro questa poco guarnita parte del fronte, attraverso la quale correvano le due strade in direzione di Atina” (K. Robin, The Official History of New Zealand in the Second World War 1939–1945. Italy Vol. II: From Cassino to Trieste, Historical Publications Branch, 1967, Wellington, New Zealand).
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11/05/2009 09.03
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Sessantacinque anni fa oggi, quando la BBC trasmise il segnale orario delle 11 di sera ogni pezzo di artiglieria alleata sul fronte di Cassino aprì il fuoco in preparazione dell’attacco. Tutti i resoconti sono concordi nell'affermare che si trattò di un quadro tragico e impressionante. “L'11 maggio, data nella quale i Polacchi tentarono il loro primo sanguinosissimo e sfortunato assalto a Cassino, fu l'inferno anche nel settore del <San Marco>. Dalle 23 esatte del 10 [sic – evidente refuso], un uragano di fuoco si scatenò in tutta l'area e migliaia e migliaia di proiettili sibilarono incessantemente nell'aria fino a tarda sera dell'11 riempiendo la valle di un frastuono infernale e lasciando frastornato anche chi, come il personale del <Bafile>, stava dalla parte dei cannoni...” (L. Fulvi, op. cit.). Mio padre fu tra quelli che poterono osservare il bombardamento, mi raccontò che il terreno sulla montagna di Montecassino era continuamente punteggiato dalle esplosioni e ricordava il ribollire di una pentola di fagioli. Un soldato della Seconda Brigata Paracadutista Indipendente (Neozelandese) di stanza in un settore adiacente lo ricorda come “una luce continua sfarfallante” (“a continuous flickering light” - [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link] “Centinaia e centinaia di cannoni ... vomitarono migliaia di proiettili sulle linee tedesche, che sibilando sulle nostre teste producevano un frastuono infernale. Gli scoppi illuminavano tutta la valle” (G. Pieri, Ricordi di un veterano del Bafile, San Marco, cit.). Ricorda Pieri “Rintanati nelle nostre postazioni commentavamo la poco invidiabile situazione di quei poveri tedeschi che senza colpe erano costretti a subire e morire, senza sapere perché. Ma era la guerra che essi avevano scatenato”.
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12/05/2009 14.18
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“L'artiglieria del 10° Corpo d'Armata, comprese alcune delle batterie neozelandesi, e l'aviazione diedero supporto ai Polacchi durante la battaglia. L'artiglieria neozelandese rispose a molte richieste di fuoco di controbatteria e anti-mortaio su Monte Cairo, Terelle, Belmonte ed Atina per diminuire il volume di fuoco che il nemico stava abbattendo sul settore Polacco, e inoltre contribuì a coprire la ritirata dei Polacchi”. E inoltre “All'interno della Seconda Divisione Neozelandese fu ideato un piano per simulare una minaccia lungo il tratto La Selva-San Biagio della strada per Atina, lungo il fronte della Seconda Brigata Indipendente di Paracadutisti. L'artiglieria (5° Reggimento neozelandese da campagna, una batteria da campagna sudafricana e un mezzo sudafricano di media grandezza) avrebbero sparato una serie continue di salve per 42 minuti, iniziando alle 2 del mattino del 12 maggio, contro Monte Santa Croce ed il suo versante occidentale, e un gruppo di cannoni pesanti antiaerei avrebbe sparato contro Monte Carella. I mortai da 4.2 e da 3 pollici e le mitragliatrici Vickers avrebbero dovuto coprire il fianco destro dell'”attacco” e fucilieri armati di mitragliatrici Bren provenienti da uno dei battaglioni di paracadutisti avrebbero dovuto avanzare e ingaggiare alcuni specifici bersagli sui pendii di Monte Santa Croce. Due mezzi dello Squadrone C del 18° Reggimento Corazzato di carri armati avrebbero dovuto manovrare sulla strada vicino a La Selva. Presumendo che il nemico avrebbe pensato che questo “attacco” fosse fallito, la Divisione aveva il compito di simulare un altro attacco verso San Biagio durante la notte del 13-14 maggio” (K. Robin, op. cit.).
Nota dell'AmministratoreLa carta per meglio comprendere le indicazione sopra riportate è disponibile a:
[Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
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13/05/2009 14.26
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Oggi 13 maggio 1944 continuava l'attacco alleato contro Montecassino e la Linea Gustav. Nell'alta valle del Rapido, la 5a Divisione Alpina (“Gebirgsjager”) manteneva le sue posizioni: “Nonostante la 5a Divisione Alpina … fosse una delle formazioni da cui venivano rimossi organici (a volte anche intere compagnie) per arginare l'urto dell'Ottava Armata nella Valle del Liri, i Tedeschi chiaramente intendevano mantenere questa parte del fronte, da Cassino verso nord, il più a lungo possibile” (K. Robin, The Official History of New Zealand in the Second World War, citato). Il Comando Neozelandese ordinò alle truppe del suo settore di “preparare pattuglie da combattimento, che avrebbero dovuto muoversi dopo il calar delle tenebre nella notte 13-14 maggio, acquattarsi in posizioni adatte per relazionare sui movimenti nemici, e se possibile tendere imboscate alle pattuglie nemiche per aprire la strada ad un'avanzata generale” (ibidem). Sul lato sinistro, verso Cassino, pattuglie neozelandesi vennero a contatto col nemico su Colle Abate. Sul lato destro, verso San Biagio, i paracadutisti neozelandesi ripeterono il finto attacco della notte precedente contro Monte Santa Croce e Monte Carella. Al centro, nel settore del San Marco, “una pattuglia della 12a Brigata Motorizzata Sudafricana, nel settore centrale della Divisione, sorprese un gruppo nemico di sette uomini e uccise cinque di loro. I caduti vennero identificati come appartenenti al 1° Battaglione del 100° Reggimento Alpino, il che indicava che questo battaglione probabilmente si era allargato per coprire il ritiro di altre truppe che in precedenza si sapeva essere state in quella zona. Ciononostante i Tedeschi in questo settore erano molto in allerta, sparando di continuo traccianti luminosi e luci Very, e tranciarono con cariche cave e fuoco di mortaio le linee di comunicazione della brigata” (ibidem). “...quando una pattuglia nemica infiltrò le posizioni del FC/CTH [Reggimento sudafricano First City/Cape Town Highlanders, posizionato sulla destra orografica del Rapido fra Valleluce e Sant'Elia] e fu ingaggiata nella notte 13/14 maggio il Soldato Semplice A. S. Everett fu ucciso e altri tre feriti. Il nemico perse cinque morti e tre feriti, che furono identificati come appartenenti al 1° Battaglione del 100° Reggimento della 5a Divisione Alpina. Poco dopo questo episodio una bomba di mortaio vagante [“stray”] ferì due altri membri della truppa, e quella notte una pattuglia dei Carabinieri [“Royal Nathan Carbineer” sudafricani] perse quattro caduti e due feriti in una trappola esplosiva [“booby trap”]” (N. Orpen, South African Forces WW2, op. cit.).
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14/05/2009 08.28
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Nel tardo pomeriggio del 14 l'artiglieria neozelandese stese un velo di fumogeni sull'area dove la strada Cassino-Atina passa nella breccia fra Monte Belvedere e Monte Cifalco, e in un misto di fumo e nebbia i Sudafricani simularono un attacco con fuoco di mitragliatrici e di mortai. Nonostante questo scatenasse solo una scarsa risposta immediata da parte del nemico, questi apparentemente ritenne che la manovra preannunciasse un attacco notturno, e dopo il calar delle tenebre distribuì così tanto fuoco difensivo di tutti i tipi sul fronte neozelandese che le pattuglie furono gravemente impedite, e a volte addirittura inchiodate al suolo. Aerei nemici, ora più in evidenza di quanto non fossero stati nel periodo precedente, bombardarono Hove Dump e le strade di rifornimento...” (K. Robin, op. cit.).
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15/05/2009 11.32
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 15 maggio continuarono le incursioni aeree, iniziate nella notte, contro Hove Dump e contro le strade di rifornimento. Durante la notte fra il 15 e il 16, incursioni aeree [tedesche] presero di mira postazioni di artiglieria. Per il resto, la notte fra il 15 e il 16 maggio “fu molto calma e silenziosa, per cui il suono si sentiva fino da molto lontano. Si poterono udire senza sforzo convogli di muli e squadre di lavoratori del nemico, che furono presi di mira con cannoni e mortai” (K. Robin, op. cit.).
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16/05/2009 17.37
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Nella notte del 15 Maggio [fra 15 e 16] la Luftwaffe ritornò all'attacco, bombardando senza grandi conseguenze il Quartier Generale della Brigata [12a Brigata Motorizzata sudafricana, lungo la strada fra Vallerotonda e Sant'Elia poco a sud-ovest di Vallerotonda], inoltre le batterie da campagna 1/16 e 3/17 furono cannoneggiate senza riportare danni. Ma l'FC/CTH [Reggimento First City/Cape Town Highlanders] ebbe due caduti prima dell'alba del 16 maggio come risultato di una granata lanciata contro quella che si sospettava essere una pattuglia nemica” [N. Orpen, op. cit.].
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17/05/2009 12.48
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 17 maggio il Corpo di Spedizione Francese espugna Esperia, con ciò rendendo di fatto indifendibile la Linea Gustav. I Polacchi lanciano il loro attacco finale contro Montecassino, che i Tedeschi evacueranno nella notte. Nel settore a nord-est i Tedeschi non si danno per vinti e continuano ad attaccare con pattuglie: “...[il mattino del 17 maggio] un attacco nemico contro l'avamposto della Reeves Force a quota 629 fu respinto. Gli Italiani di una Compagnia di Roma [Royal Marines, cioè il San Marco] persero 11 caduti nell'azione, e l'identificazione di un morto tedesco mostrò che il 100° Reggimento alpino era ancora in posizione” (N. Orpen, op. cit.). Sempre il 17 maggio, in un'altra azione notturna, una pattuglia tedesca catturò cinque o sei marinai del San Marco: “In circostanze che non poterono mai essere chiarite, cinque uomini appena giunti in una postazione di Monte Cicurro furono sopraffatti da numerosi Tedeschi lì appostati e presi prigionieri” (L. Fulvi, op. cit.). Pieri (San Marco, cit.) cita un episodio molto simile senza specificarne la data, in cui “due marinai persero la vita e quattro furono fatti prigionieri” e commenta subito dopo “Fu l'unico episodio increscioso che il Bafile ebbe in 54 giorni di permanenza a Cassino”. Sembra quindi che un'unica volta i Tedeschi riuscirono a fare dei prigionieri fra gli uomini del San Marco, e che ciò avvenne il 17 maggio. Lo stesso episodio è ricordato in “Le fanterie di marina italiane” (Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1998) che lo data al 18 maggio basandosi probabilmente su una diversa interpretazione dell'opera di Fulvi. La data del 17 maggio è però assolutamente sicura, perché certificata per iscritto dai Tedeschi nell'immediatezza dei fatti, come vedremo nei prossimi giorni. In quella data quindi il San Marco ebbe 11 caduti e 5-6 prigionieri: “Quella giornata che era stata di olocausto per i Polacchi ma di vittoria per gli Alleati fu una brutta giornata per il San Marco” (L. Fulvi. op. cit.).
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18/05/2009 00.09
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
[18 maggio, parte prima]
Sessantacinque anni fa oggi alle 10:30 circa del mattino la bandiera polacca veniva issata sulle rovine dell'Abbazia di Montecassino. La vittoria fu importante sul piano militare ed ebbe un impatto non meno importante sul piano emotivo. Ancora pochi giorni fa oggi (2009) un anziano professore universitario mi ha detto di ricordare molto bene la battaglia di Cassino, molto dura e sanguinosa già a detta delle cronache di quando lui era bambino. Gli italiani sapevano di non essere stati del tutto estranei a questo successo, e qualche anno dopo l'anonimo illustratore di una raccolta di figurine ormai dimenticata interpretò a modo suo la conquista di Montecassino, come si vede nell'immagine visibile su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/risorse/image_view.asp?id=2486&d=1&idr=00). In questa immagine non si deve, naturalmente, ricercare la verità “testuale” dei fatti, bensì l'orgoglio di un popolo nell'avere saputo dare, sia pure sconfitto e inferiore di mezzi, un contributo non insignificante ad un'importante vittoria militare utile alla propria liberazione. Notare che la bandiera italiana sulla figurina non ha lo stemma sabaudo, quindi è stata quasi certamente disegnata dopo il 2 giugno 1946.
Il 18 maggio 1944 i Tedeschi erano quindi ormai in ritirata, ma nell'alta valle del Rapido continuavano ciononostante ad attaccare aggressivamente. Su Colle Abate vicino alla strada per Terelle una pattuglia attaccò una compagnia del 26° Battaglione neozelandese, ma fu respinta con forti perdite (K. Robin, op. cit.). Subito a destra “ ... i mortai nemici continuarono a far cadere bombe sulle postazioni sudafricane più avanzate, e poco prima di mezzanotte [del 18 maggio] il Quartier Generale Tattico della Reeves Force fu pesantemente bombardato. Otto Italiani della Compagnia di Riserva del Bafile furono uccisi e 15 feriti” (N. Orpen, op. cit.). Ventitre fra morti e feriti, un bilancio ancora peggiore di quello del giorno prima. La compagnia di riserva era quella delle tre che, a rotazione, veniva ritirata dalle postazioni avanzate (Monte Cicurro, Mulino del Vado, Valvori...) e veniva alloggiata nel cosiddetto “campo di riposo”, situato nella valle dell'Ancina. “Il piccolo ordinato accampamento della compagnia di rincalzo era, come già accennato, situato a poco più di un chilometro da Vallerotonda ed a 400 metri circa dalla casa rurale utilizzata come sede di comando tattico del battaglione. I marinai lo chiamavano “campo di riposo” perché lì, per dieci giorni, tra linea e linea, tutti potevano mangiare un pasto caldo e dormire al riparo della tenda, sullo “strapuntino” riempito di paglia asciutta” (L. Fulvi, op. cit.). [segue]
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18/05/2009 00.54
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
[18 maggio, parte seconda]
Pieri (op. cit.) ricorda l'episodio del bombardamento: “...alle 20 circa, ... all'improvviso un violentissimo cannoneggiamento tedesco investì l'accampamento ... riservato alle compagnie e ai turni di riposo. Fortuna volle che i marinai avevano montato le tende sparpagliandole in un vasto raggio”. “...medici e infermieri lavorarono tutta la notte, operando sommariamente quei corpi straziati dalle granate che con precisione millimetrica sfioravano il costone, da cui credevamo essere al riparo. Fu una notte d'inferno...”. “Nel punto dove mi ero riparato mi cadde addosso un marinaio ... con un brivido mi accorsi che aveva una lunga scheggia sul petto”. Portatolo all'infermeria “il medico che si avvicinò scosse la testa e disse che era morto. Il suo nome non l'ho mai saputo, era notte e c'era un gran trambusto di ordini e grida dei feriti”. “mentre ... ci mettevamo al riparo ... all'interno di una buca, con una spinta feci in tempo a mettere in salvo nella buca stessa il mio comandante di plotone il G.M. [Guardiamarina] Sig. Nessi, che poco dopo organizzò la squadra per evacuare i feriti” [rectius Nesci, come giustamente lo ricorda Fulvi – Domenico Nesci, nato il 12/5/1944, abitante a Reggio Calabria]. Si distinsero nell'assistenza ai feriti secondo il ricordo di Fulvi, oltre a Nesci, il G.M. Bernini [Giandanese Bernini, nato il 28/6/1922, abitante a Verona], il Tenente Marchio [rectius Marchi, Anselmo – Tenente di Vascello, cadrà a Belvedere Ostrense il 21 luglio 1944, Medaglia d'Oro alla memoria: [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link] Si distinse anche il cannoniere Mario Giorgini, ferito egli stesso. Fra i Caduti, il 2° Capo Vito Mezzina. Il fuochista Toncetti perse una gamba, Pieri lo rivide “nella sua Pola” molti anni dopo la guerra. Il medico era il Sottotenente Medico Emilio Pirastu.
Sia Pieri che Fulvi ritengono che la precisione con cui fu portato l'attacco di artiglieria al campo di riposo sia da mettere in relazione con l'interrogatorio dei marinai catturati il giorno prima su Monte Cicurro. “Evidentemente per l'abile interrogatorio riservato ai nostri prigionieri dai tedeschi, questi poterono individuare l'ubicazione del comando di compagnia” (Pieri). “O per informazioni tratte dall'abile interrogatorio dei cinque prigionieri, o per l'osservazione diretta di qualche infiltrato che ne poté individuare l'ubicazione” i Tedeschi furono in grado di portare l'attacco sopra descritto (Fulvi).
Il particolare dello “strapuntino” su cui si dormiva nel campo di riposo (a differenza delle postazioni avanzate, dove si dormiva per terra), unitamente all'entità della carneficina, impressionante secondo tutte le fonti, mi fa ritenere che questo possa essere stato l'episodio in cui mio padre, tornando al mattino da una missione notturna, trovò il campo devastato e il suo stesso giaciglio perforato da decine di schegge (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=112&p=3&lang=ita&bar=no).
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18/05/2009 10.51
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Errata corrige: Domenico Nesci, nato il 12/5/1922. Scusate il lapsus.
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19/05/2009 12.23
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 19 maggio i Tedeschi, che pure erano in ritirata o in procinto di ritirarsi, “presero un'iniziativa da guerra psicologica” nel settore del San Marco. “Convinti di avere, con il cannoneggiamento e la cattura dei cinque uomini, scosso il morale dei marinai del “Bafile”, inondarono l'area della linea e quella immediatamente a tergo di manifestini lanciati per mezzo di mortai, con i quali i marinai venivano invitati alla diserzione o addirittura al passaggio al nemico [su questo sito sarà a breve visibile un'immagine dei volantini]. La reazione fu totalmente opposta a quella sperata. Non ci furono ovviamente né defezioni né diserzioni, ma anzi per la rabbia di sentirsi così sottovalutati ed insultati dai tedeschi i marinai accentuarono la loro determinazione e la loro combattività e molti dei feriti da schegge e da proiettili in modo non grave vollero tornare in linea bendati o con sommarie medicazioni, per prendere il posto dei compagni caduti e partecipare a nuove azioni. Si può dire che il maldestro tentativo tedesco di indurre gli uomini del “Bafile” alla diserzione fece scattare un meccanismo di rivolta al disonorevole invito, per cui all'atteggiamento difensivo necessariamente tenuto fin allora dai marinai ne seguì uno di temeraria aggressività. Per tutte le notti che il “Bafile” mantenne ancora il fronte sul Rapido, pattuglie aggressive di arditi e di assaltatori di compagnia tormentarono le postazioni tedesche, non dandogli tregua e assestandogli dure stoccate. E come a volte accade, nonostante l'alto rischio delle azioni intraprese non ci furono negli ultimi giorni perdite di vite, ma solo qualche ferito” (L. Fulvi, op. cit.). Anche Pieri (op. cit.) ricorda il lancio di volantini, che secondo il suo ricordo avvenne due volte, in due distinte occasioni: “non ci furono ovviamente né defezioni né diserzioni nei nostri reparti, gli uomini del Bafile rimasero saldi ai loro posti, come erano usi rimanere al loro posto di combattimento sulle navi”. A proposito di navi, Fulvi nota che chiamare “soldati” uomini che si sentivano prima di tutto marinai “era quanto di più psicologicamente sbagliato si potesse fare!”.
Il volantino conferma la data del 17 maggio come quella in cui furono catturati i marinai del Bafile, e ne cita il numero esatto: sei. Inoltre afferma che il comandante della 1a compagnia, Cap. Raimondi, aveva disertato. Questa notizia godette di qualche credito fra i marinai, tanto che Pieri scrive “...con sorpresa venimmo a sapere [dal volantino tedesco] che il comandante della nostra compagnia [la prima, di cui Pieri stesso faceva parte] era passato al nemico. Ciò non fu mai confermato né smentito, ma da quel giorno non lo vedemmo più, poiché il comando lo prese il Sig. Occhetto, capitano dei Bersaglieri”. Fulvi invece è categorico: “Ciò [la diserzione di Raimondi] era falso e tendenzioso, perché tale ufficiale [Raimondi] già Comandante della 1a compagnia era stato ferito gravemente ad una mano ed ospedalizzato per le cure del caso”.
Nota dell'AmministratoreL'immagine del volantino citato è disponibile a:
[Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
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20/05/2009 00.37
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il giorno dopo, 20 maggio, pattuglie nemiche tentarono di infiltrare il villaggio di Valvori nel settore ILH/KimR [lo stesso del San Marco] ma furono respinte, e quella notte i neozelandesi iniziarono a sostituire la 12a Brigata Motorizzata Sudafricana” (N. Orpen, op. cit.). Nella notte fra il 20 e il 21 maggio e nelle due notti seguenti la 12a Brigata Motorizzata Sudafricana fu trasferita in previsione dell'avanzata su Roma. Fu sostituita da un gruppo di unità neozelandesi. Il Battaglione Bafile, che non era destinato ad avanzare su Roma ma ad essere spostato sul fronte adriatico col Corpo Italiano di Liberazione, fu aggregato per gli ultimi giorni di permanenza sul Rapido alla “Wilders Force”, una Divisione di Cavalleria neozelandese appiedata (cioè smontata dai suoi mezzi corazzati) comandata dal Tenente Colonnello N.P. Wilder. Questi, classe 1914, era come tutti i neozelandesi reduce d'Africa, e là era stato ferito dagli Italiani il 14/9/42 a Barce in Libia (K. Robin, op. cit.). Questo particolare può spiegare perché nella citata opera di Robin (la storia ufficiale neozelandese) il Battaglione Bafile viene a volte derisoriamente definito “più esotico che marziale”. Evidentemente a differenza del Generale Freyberg (che elogiò il San Marco e si adoperò fattivamente per l'entrata in linea del Battaglione Grado) non tutti i neozelandesi erano ben disposti verso un Reggimento (il San Marco) che avevano combattuto da avversari in Nord Africa. Il notare così sarcasticamente, e in modo non del tutto giustificato, l'inesperienza e lo scarso equipaggiamento dei nuovi alleati italiani non può essere spiegato diversamente. A loro volta i neozelandesi vennero scherniti dai sudafricani in modo più diplomatico: nel riferire l'avvicendamento dei Royal Nathan Carbineers sudafricani da parte di unità neozelandesi il 21/22 maggio sul fronte di Cassino, N. Orpen (op. cit.) scrive che i Carbineers “furono di nuovo piuttosto sbalorditi dal rumore fatto dagli espertissimi neozelandesi mentre si avvicinavano indossando gli stivali”.I Canadesi del Westminster, aggregati al San Marco in aprile (“Corbould Force”) non avevano combattuto in Nord Africa e descrivono il battaglione della Regia Marina obiettivamente ma con più serietà: “...era composto di 1.000 marines italiani che dopo aver lasciato le loro navi a Malta si erano offerti volontari per portare il loro aiuto alla causa alleata a terra. Ricchi di entusiasmo, erano a corto di addestramento per la guerra terrestre, e soffrirono gravi perdite” (The Westminster's war diary, citato). Il Sergente dei Westminster's Fred West conferma lo stesso concetto (“non avevano l'addestramento della fanteria e facevano molto più rumore di noi ... questo è il motivo per cui subirono molti più bombardamenti di noi”) e aggiunge “Comunque ritengo che abbiano imparato sul campo, perché divennero un sacco più silenziosi dopo quel pesante bombardamento che subirono” (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=153&bar=no) .
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21/05/2009 00.17
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“La parte del settore della 2a Brigata Paracadutista Indipendente [neozelandese] a est della strada che andava dalla valle del Volturno a San Biagio fu lasciata al comando del Corpo Italiano di Liberazione nella notte 21-22 maggio, quando gli Italiani rilevarono il battaglione di paracadutisti che teneva quella posizione. La brigata di paracadutisti, avendo già in precedenza ritirato un altro dei suoi battaglioni, ora teneva il suo fronte, ridotto, con solo il 5° battaglione, e la strada divenne il confine fra la Seconda Divisione neozelandese e il Corpo italiano” (K. Robin, op. cit.).
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22/05/2009 11.05
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Perse Cassino e Montecassino, le truppe tedesche a ovest di Monte Cairo si erano ormai ritirate sulla Linea Hitler, ora rinominata Linea Senger per espresso volere del Fuhrer che ne presagiva prossima la caduta. Monte Cairo era lo “snodo” fra la Gustav e la Hitler/Senger: quest'ultima coincideva con la Gustav fino a Monte Cairo compreso, poi se ne dipartiva con un decorso più arretrato, attraversando Piedimonte e Aquino. I Tedeschi continuavano a essere trincerati su Monte Cairo e nell'alta valle del Rapido e da lì continuavano i tiri d'artiglieria. Il 22 maggio il punto noto come “Jeep-Head” vicino a Vallerotonda fu bersagliato da tiri d'artiglieria, che ferirono quattro soldati del reggimento sudafricano FC/CTH (First City / Cape Town Highlanders – Orpen, op. cit.). Il 23, 24 e 25 maggio, mentre lungo la Via Casilina i Canadesi (fra cui il Westminster) avanzavano attraverso la linea Hitler/Senger ed il successivo sbarramento del fiume Melfa, nell'alta valle del Rapido gli alpini tedeschi continuavano a mantenere le loro posizioni.
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26/05/2009 00.11
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Infine, dopo che nella pianura i Canadesi avevano oltrepassato il fiume Melfa, i Tedeschi iniziarono a ritirarsi anche dalle montagne per evitare di essere presi alle spalle. “Il 26 maggio fu ovvio che il nemico, nonostante continuasse a sparare da Monte Cifalco con i mortai e dalle montagne retrostanti con i grossi calibri, stava ritirandosi dal fronte neozelandese [in cui si trovava anche il San Marco]. Un disertore che si presentò davanti alle linee del battaglione Maori a Colle Belvedere disse che la sua unità (un battaglione del 132° reggimento) si era ritirato due notti prima e aveva lasciato la sua compagnia per dimostrare la sua presenza fino alla notte successiva, quando anch'essa si era ritirata. Il battaglione Maori si trovò quel pomeriggio tardi [26 maggio], sotto il fuoco di mortai che uccise due uomini e ne ferì altri due. Quando il fuoco di artiglieria fu diretto contro i mortai, un gruppo di Tedeschi che portava un ferito su una barella e una bandiera della Croce Rossa fu visto marciare giù per la strada di Belmonte” (K. Robin, op. cit.).
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27/05/2009 00.06
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 27 anche le posizioni [tedesche] che fronteggiavano il fiume Rapido vennero abbandonate e cessarono i cannoneggiamenti ed i micidiali colpi di mortaio che avevano tormentato gli uomini del Bafile” (Fulvi, op. cit.). I Tedeschi nella notte avevano completato il loro disimpegno e stavano ripiegando ordinatamente verso nord. Le truppe neozelandesi ed alleate iniziarono ad avanzare occupando i villaggi che poco prima erano in mano tedesca. Belmonte fu occupato alle 6 del mattino, dopodiché le truppe continuarono ad avanzare, catturando 11 prigionieri, fino a raggiungere Atina nel pomeriggio, dopo aver superato tratti di strada distrutti dai tedeschi in ritirata. Dal settore più prossimo al San Marco si staccò un battaglione del reggimento Essex, che avanzò accompagnato da genieri lungo la strada che dalla valle del Rapido saliva verso la sella fra Colle Belvedere e Monte Cifalco e poi verso Atina. La strada era impraticabile a causa di lunghi tratti minati o demoliti, e i genieri protetti dagli Inglesi dovettero lavorare per ripristinarla fino al giorno dopo (28 maggio) quando anch'essi entrarono in Atina da questa direttrice. Più a nord il 5° battaglione paracadutisti neozelandesi raggiunse San Biagio, trovandolo abbandonato dal nemico. Nelle colline fra le rotabili e sul Monte Cifalco vennero trovate solo postazioni abbandonate, molte delle quali insidiose per la presenza di mine o di trappole esplosive. Subito a nord di questo settore anche il Corpo Italiano di Liberazione cominciò ad avanzare. La sera del 27 truppe italiane raggiunsero San Biagio e la mattina dopo (28 maggio) occuparono Picinisco. (K. Robin, op. cit.). L'occupazione di Picinisco da parte di pattuglie di alpini e di arditi del CIL fu citata dal bollettino del Comando Alleato: “truppe italiane del CIL avevano avanzato per 8 chilometri attraverso i monti del Parco Nazionale d'Abruzzo, occupando la città di Picinisco a 17 Km. A nord di Cassino” (Fulvi, op. cit. - Fulvi peraltro data l'occupazione di Picinisco al 29 maggio, un giorno dopo la data riportata da Robin). Più a est nelle Mainarde il CIL occupò il 27 Monte Mare e Colle dell'Altare, il 28 dopo un intenso combattimento occuparono il “Balzo della Cicogna” e Valle Latina, catturando alcuni prigionieri. Il San Marco, concluso il ciclo operativo a Cassino alle dipendenze del XIII° Corpo d'Armata e poi del X°, era destinato a raggiungere il CIL e a spostarsi con esso nel settore adriatico, e stava ormai anch'esso per abbandonare le posizioni che aveva presidiato dal 9 aprile.
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27/05/2009 23.12
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Errata corrige: (1) i reparti italiani che entrarono a Picinisco il 28 maggio furono gli arditi del IX reparto d'assalto (cfr. l'opera scritta da S.E. Crapanzano per lo Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico: Il Corpo Italiano di Liberazione, Roma 1950 - "Alle ore 10 circa [del 28/5] gli arditi del IX reparto d'assalto raggiungono ed occupano Picinisco"); L. Fulvi (op. cit.) aggiunge che vi furono degli alpini, ma ciò non è confermato da Crapanzano ed è anche improbabile visto che gli alpini stavano in quelle ore combattendo duramente da tutt'altra parte;(2) il nome della città occupata il 28 dagli Italiani è "Villa Latina", non "Valle Latina" (ibidem: "Nel pomeriggio, verso le ore 18, una pattuglia arditi inviata da Picinisco verso Villa Latina si scontra con una pattuglia guastatori tedesca montata su camionetta e sostenuta da una squadra fucilieri appiedata. Il nemico ha la peggio e si ritira verso Atina abbandonando nelle nostre mani una mitragliatrice, due fucili mitragliatori e un lanciabombe"). Mi scuso per le imprecisioni e ringrazio l'amico Alberto Turinetti di Priero che me le ha fatte notare, unitamente ad altre interessanti considerazioni che mi ha inviato.
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28/05/2009 00.31
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il giorno 28 al “San Marco” ... veniva impartito l'ordine di trasferirsi sul fronte Adriatico ... Sul fronte del Rapido, ormai muti i cannoni tedeschi, i marinai del “Bafile” avevano lasciato le posizioni tenute con tanto sacrificio per 50 giorni e camminando finalmente allo scoperto avevano raggiunto a piedi, armi e bagagli in spalla, la loro base logistica, nel paese di Acquafondata. Da lì, il 29 maggio, si erano imbarcati su una lunga colonna di autocarri britannici, per andare ad unirsi agli altri reparti del Corpo Italiano di Liberazione del quale, dal giorno avanti, erano passati alle dipendenze operative” (L. Fulvi, op. cit.). Un Reduce del San Marco, che era a Cassino, mi ha fatto avere copia del libro di Fulvi da lui annotata, dove fra l'altro commenta: “No, gli autocarri erano italiani”. Fulvi tuttavia è nel giusto quando compila la seguente sobria statistica: “Le perdite del Battaglione “Bafile” dal 9 aprile al 28 maggio furono: Morti 1 Ufficiale [L'Aspirante Guardiamarina Augusto Cesare Albanesi], 2 Sottufficiali, 18 S.C. [Sottocapi] e Comuni. Feriti 2 Ufficiali [uno dei due fu il Sottotenente del Genio Navale che mi ha fatto avere le sue note, comandante del I° plotone fucilieri della IIa Compagnia – egli fu ferito da schegge di mortaio sul Rapido poco prima dell'11 maggio], 2 Sottufficiali, 34 S.C. e Comuni. Dispersi 8 S.C. e Comuni (Vds. foglio n. 1307 data 6 luglio 1944 di Maristat al Comando Supremo)”. Non c'è che io sappia un elenco nominativo dei Caduti del San Marco a Cassino, tuttavia A. Ricchezza (“La verità sulla battaglia di Cassino, Pozzo, Torino, 1958) elenca erroneamente ma provvidenzialmente i caduti del San Marco in calce a quelli della “Nembo”. Apre la lista l'Ardito Domenico Cortese, primo caduto del San Marco a Cassino in data 11 aprile. Riporto qui i 20 successivi (i Caduti sul fronte di Cassino furono in tutto 21, v. sopra), perché mi sembra probabile che almeno la maggior parte di essi sia caduta sul fronte di Cassino: Sbaffoni Raimondo, Giacchini Giovanni, Chiari Antonio, Antonioli Giovanni, Ciaramelli Mauro, Padovan Felice, Perisinoti Valentino, Zuriotti Andrea, Spazini Mario, Albanesi Cesare Augusto, Bazzo Michele, Bidone Domenico, Cammelo Enrico, Tancredi Lombardino, Sarno Ludovico, Frigerio Guglielmo, Burioni Angelo, Petito Luigi, Mezzina Vito, Ferracutti Dario.
Scrive Pieri (op. cit.) “Rimanevano solo i ricordi, tanti ricordi dei compagni caduti in questi luoghi che ora noi lasceremo, ma che non dimenticheremo. Ricordi dei momenti di raccoglimento pensoso prima di partire in rischiose pattuglie. Ricordi del brivido provocato dal sibilo acuto di una granata in arrivo o dello sfarfallio del mortaio prima dello scoppio. Ricordi di stanchezza snervante nelle notti sotto la pioggia senza uno straccio di cerata per ripararsi, di dolore e di paure. Ma felici di avere fatto il proprio dovere, con l'incoscienza dei nostri vent'anni e orgogliosi di essere marinai di un reparto per noi glorioso come il “San Marco”.
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29/04/2009 08.32
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
In data 29 aprile 1944 il Guardiamarina Luigi Laviosa (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=156&bar=no) scriveva nel suo diario: “Qui in questo momento si sta dirigendo il fuoco delle nostre artiglierie. La mia compagnia è partita di qui ieri per cinque giorni di riposo a Vallerotonda. Io la seguirò domani; sono rimasto qui solo per aiutare il collegamento con la 1a Comp. che ci rileva. Tra una settimana andremo tra Valvori e Monte Cicurro, posizioni pericolose”. Lasciato in seguito il fronte di Cassino dopo la caduta della linea Gustav, il Guardiamarina Luigi Laviosa cadrà il 21 luglio 1944 nella conquista di Belvedere Ostrense, vicino a Jesi. Ferito da un proiettile di artiglieria che gli asportò la massa muscolare di entrambe le cosce, venne trasportato in ospedale dove morì il giorno dopo, pare per setticemia (notizia che ho appreso durante la conversazione telefonica del 25 u.s., sopra menzionata).
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30/04/2009 00.15
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 30 aprile 1944 nel campo tedesco decedeva a seguito di ferite riportate in precedenza il Caporalmaggiore Josef Koller. Il suo necrologio (“Sterbebild”) è visibile su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/risorse/image_view.asp?id=2471&d=1&idr=00), purtroppo la foto è stata asportata prima che il documento venisse in mio possesso. Anche se riteniamo sbagliata l'ideologia per cui questo giovane austriaco combatté e cadde, non possiamo evitare di sentirci toccati dal lato umano della sua morte. Il Caporalmaggiore apparteneva ai reparti del Genio (“Pionier”) ma viene definito “Gebirgsjager”, si può perciò ritenere che fosse aggregato alla 5a Divisione di Alpini (“Gebirgsjager”) che in quel periodo presidiava la linea Gustav a nord-est di Montecassino, da Masseria Albaneta lungo il lato destro del fiume Rapido (v. [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link] Una parte di questa linea era opposta al settore tenuto, fra gli altri, dal Reggimento San Marco. Nel necrologio si legge “Al nostro indimenticabile figlio e fratello, il Caporalmaggiore del Genio [“Pionier Obergefreiter”] Josef Koller. Figlio del maestro pittore a Erl presso Kufstein [in Tirolo, al confine con la Baviera], ha preso parte alle operazioni sul campo nei Balcani, a Creta e contro i Sovietici. Insignito della Croce di Ferro di 2a Classe, della Croce Militare del Regno di Bulgaria, della Medaglia al Valore [“Tapferkeit Ordenz”] di 4a Classe, della Medaglia dell'Est, del distintivo delle truppe d'assalto e del distintivo dei feriti. Il 30 aprile 1944 all'età di 24 anni trovò la morte da eroe sul fronte dell'Italia Meridionale presso Cassino dopo una grave ferita”. Sul lato opposto sotto la croce si legge “Lontano dall'amato paese natio il nostro intrepido Alpino [“Gebirgsjager”] sacrificò la sua promettente vita nel fiore degli anni per la santa madre patria”.
Toccante una lirica in cui si immagina che il Caduto si rivolga ai suoi cari: ”Miei genitori, fratello e sorella, non tornerò mai più da voi. L'ultimo pensiero e il mio ultimo sguardo tornarono rapidamente ancora a voi. Io so che voi piangete amaramente perché io così lontano sono affondato fra l'erba giù nella mia tomba oscura, dove solo risplendono le stelle silenziose. Quando io morii nella terra nemica là nessuno mi tese la mano”.
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01/05/2009 09.40
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Poi venne maggio. Ben presto sarebbe stata ora di lasciare di nuovo la prima linea, ma non prima di lamentare nuovi caduti”. Così si legge nel resoconto “Movement and Operations of 11 Cdn Inf Bde Gp”, già prima citato. I Canadesi si preparavano ad essere avvicendati e lasciare l'alta valle del Rapido, mentre il San Marco vi sarebbe rimasto ancora per alcune settimane. In questa attesa, le fonti non ci hanno ancora riportato avvenimenti accaduti nelle date di oggi e domani, 1 e 2 maggio 1944, su questo tratto di fronte.
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03/05/2009 17.17
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 3 maggio 1944 arrivarono il gruppo di ricognizione e coordinamento [“Orders Group”] e le armi pesanti della Cavalleria Leggera Imperiale [“Imperial Light Horse”] del Reggimento Kimberley, e l'avvicendamento fu effettuato senza incidenti, anche se le avanguardie dei gruppi partenti furono letteralmente buttate giù per la discesa da un'impressionante dimostrazione pirotecnica del nemico”. (The Westminsters' War Diary, già citato). “Alle 6 del pomeriggio del 3 Maggio la Batteria da Campagna [“Field Battery”] 3/17 aveva raggiunto il punto di raccolta per avvicendare la 17a Batteria da Campagna dell'Esercito Reale Canadese. Con l'aiuto di due bull-dozers, i cannoni da 25 libbre furono spinti su per la terribile strada da Pozzilli ad Acquafondata, e il pomeriggio del 4 maggio il Reggimento 1/6 avvicendò i Canadesi” (“N. Orpen, South African Forces WW2, Vol 5: Victory in Italy, Purnell, Cape Town e Johannesburg, 1975). L'11° Gruppo di Brigate di Fanteria Canadese, che dal 9 aprile aveva tenuto la linea a nord-est di Cassino e a cui il San Marco era stato aggregato, iniziava a ritirarsi dall'alta valle del Rapido. Era richiamato nelle retrovie per una riorganizzazione in previsione dell'ormai imminente attacco finale a Cassino, e al suo posto iniziava a entrare in linea il 12° Gruppo di Brigate Corazzate Sudafricano.
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04/05/2009 20.05
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Oggi e domani nell'alta valle del Rapido continuò l'avvicendamento fra Canadesi e Sudafricani. Come già ieri, anche oggi i Tedeschi fecero del loro meglio per disturbare l'avvicendamento. “Il 4 maggio, forse stimolato da un'aggressiva pattuglia della Compagnia “C” dei Cape Breton Highlanders, il nemico sparò oltre 500 bombe e schegge. Questo accadde come sequela di un breve e intenso scontro a fuoco nel quale la pattuglia lamentò alcuni caduti. Dopo questo gesto d'addio, l'11a Brigata di Fanteria Canadese si ritirò dalla prima linea il 5 maggio 1944, avvicendata dai Sudafricani, e si spostò di riserva nell'area di Capua e di Caserta”. (The Westminsters' War Diary, già citato). “Alle 2 del mattino del 6 maggio l'avvicendamento dei Canadesi era stato completato senza incidenti di sorta, ...” (N. Orpen, op. cit.). Il San Marco rimaneva sulle sue posizioni, e non se ne sarebbe spostato fino a dopo la fine dell'operazione Diadem. Dopo l'avvicendamento del Westminster fu aggregato, mantenendo lo stesso schieramento, al Reggimento denominato Imperial Light Horse/Kimberley (ILH/KimR), formato dalla fusione dei due reparti omonimi. I Reggimenti San Marco e ILH/KimR uniti vennero denominati “Reeves Force” dal nome del Comandante, Tenente Colonnello R. Reeves-Moore (N. Orpen, op. cit.). Tuttora il Reggimento “Light Horse” dell'Esercito Sudafricano, erede dell'Imperial Light Horse, annovera “Cassino” fra i suoi “Battle Honours” (http://en.wikipedia.org/wiki/Light_Horse_Regiment#Battle_honours).
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06/05/2009 16.29
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Non sappiamo con certezza cosa avvenne il 6 e il 7 maggio. Naturalmente, ciò non vuol dire che non accadde nulla. Numerosi sono gli episodi che coinvolsero il San Marco sul fronte di Cassino di cui non conosciamo la data. Due di questi accaddero al Mulino del Vado. Del primo ci dà notizia Luigi Fulvi (op. cit.): “Una notte una squadra della 1a compagnia del Bafile, appostata al Mulino del Vado fu attaccata da una grossa pattuglia tedesca che, avvistata però tempestivamente, fu inchiodata dove si era rivelata e, nonostante la notevole supremazia di numero, costretta a ritirarsi con vari feriti dopo circa due ore di fuoco. Abbondanti tracce di sangue trovate sul terreno all'alba confermarono ciò. Nessuna perdita fra i marinai”. Il reduce, all'epoca sottotenente del Genio Navale, con cui ho avuto il piacere di parlare telefonicamente lo scorso 25 aprile (v. sopra) era il comandante del plotone che occupava il Mulino del Vado. Si trattava, per maggiore esattezza, del 1° plotone della 2a compagnia del battaglione Bafile. Pochi giorni prima egli aveva ricevuto l'ordine (scritto di pugno del Capitano Manca, su un biglietto che per anni ha poi conservato) di occupare l'edificio, ormai ridotto a rudere. Nel foglio si specificava che il collegamento col Comando, impossibile per radio data la conformazione del terreno, sarebbe avvenuto tramite portaordini. Il Sottotenente occupò l'edificio e vi pose nelle vicinanze, a protezione, una mitragliatrice. La notte di cui si parla (come si ricorderà, operazioni e spostamenti avvenivano di notte per evitare tiri di mortai, cannoni e cecchini) una pattuglia tedesca si avvicinò, pensando di trovare disabitato il rudere e di occuparlo (il Sottotenente ricorda di avere visto alcuni tedeschi in avvicinamento col mitra a tracolla anziché in mano). Avvistatili, i marinai ingaggiarono una sparatoria e ben presto entrò in azione la vicina mitragliatrice. I Tedeschi si ritirarono e il giorno dopo i marinai trovarono abbondanti tracce di sangue in una buca antistante il rudere. Nessun ferito fra gli Italiani. A ulteriore parziale correzione di Fulvi, il reduce ricorda che la sparatoria durò dieci minuti. Il secondo dei due episodi vide invece coinvolto il marò Giacomo Pieri, che ne riferisce sul numero già citato della rivista “San Marco”: “Qualche giorno dopo, verso l'imbrunire, ci venne data una parola d'ordine. Alla richiesta “rice” la risposta doveva essere “pudding” ... quella notte nel nostro settore era previsto il rientro di una nostra pattuglia. Invece quella notte anziché la nostra pattuglia ci capitò a ridosso una pattuglia tedesca. Il marinaio Trevisan piano ma distintamente chiese la parola d'ordine “rice” ripetutamente ma anziché la controparola ci arrivò addosso una scarica di bombe a mano. Per nostra fortuna non ci causarono danni e, intravedendo delle ombre sul crinale, feci fuoco col mitragliatore, ma dopo un paio di colpi l'arma si inceppò e mentre i miei compagni rispondevano con le bombe a mano, io rimisi in funzione l'arma. Dopo un breve ma intenso scambio di colpi calò improvvisamente ma con piacere il silenzio, i tedeschi si sganciarono e la situazione tornò tranquilla ... Il mattino seguente davanti a noi rilevammo con sorpresa delle tracce di sangue. La nostra squadra era composta da quattro fucilieri con mitragliatore. Oltre al sottoscritto, Trevisan, Rafaelli e Ottochian”.
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08/05/2009 00.26
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“L'8 maggio il Generale Utili inviò al comandante del Btg. Bafile il seguente messaggio: <Attraverso un arido elenco, chiesto a scopo puramente statistico, i soldati del I Raggruppamento Motorizzato hanno appreso con commossa fierezza di camerati e soprattutto di gente dello stesso sangue l'alto sacrificio in caduti e feriti che il Btg. Bafile ha già offerto alla causa della riscossa nazionale. In attesa di trovarci effettivamente spalla a spalla ad affrontare insieme in una compattezza fiduciosa e gagliarda le sorti di uno stesso combattimento, i soldati del I Raggruppamento Motorizzato lanciano ai fanti del mare il vibrante saluto del loro orgoglio e del loro affetto fraterno>” (W. Ghetti. op. cit.).
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10/05/2009 22.00
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Ieri e oggi, 9 e 10 maggio 1944, si preparava l'attacco finale alla linea Gustav, previsto per le 23,00 di domani 11 maggio 1944. Il Reggimento San Marco, unito come già detto ai Sudafricani e come loro sotto il comando neozelandese, avrebbe affrontato la battaglia assieme alle unità alleate sul fianco destro del Secondo Corpo d'Armata Polacco. Nella battaglia ormai prossima, il compito delle Unità di questo settore sarebbe stato quello di “mantenere sicuro il fianco destro dell'Ottava Armata, e inoltre attuare un'operazione dimostrativa nel settore della Seconda Divisione Neozelandese per far credere al nemico che avrebbe dovuto aspettarsi un attacco contro questa poco guarnita parte del fronte, attraverso la quale correvano le due strade in direzione di Atina” (K. Robin, The Official History of New Zealand in the Second World War 1939–1945. Italy Vol. II: From Cassino to Trieste, Historical Publications Branch, 1967, Wellington, New Zealand).
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11/05/2009 09.03
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Sessantacinque anni fa oggi, quando la BBC trasmise il segnale orario delle 11 di sera ogni pezzo di artiglieria alleata sul fronte di Cassino aprì il fuoco in preparazione dell’attacco. Tutti i resoconti sono concordi nell'affermare che si trattò di un quadro tragico e impressionante. “L'11 maggio, data nella quale i Polacchi tentarono il loro primo sanguinosissimo e sfortunato assalto a Cassino, fu l'inferno anche nel settore del <San Marco>. Dalle 23 esatte del 10 [sic – evidente refuso], un uragano di fuoco si scatenò in tutta l'area e migliaia e migliaia di proiettili sibilarono incessantemente nell'aria fino a tarda sera dell'11 riempiendo la valle di un frastuono infernale e lasciando frastornato anche chi, come il personale del <Bafile>, stava dalla parte dei cannoni...” (L. Fulvi, op. cit.). Mio padre fu tra quelli che poterono osservare il bombardamento, mi raccontò che il terreno sulla montagna di Montecassino era continuamente punteggiato dalle esplosioni e ricordava il ribollire di una pentola di fagioli. Un soldato della Seconda Brigata Paracadutista Indipendente (Neozelandese) di stanza in un settore adiacente lo ricorda come “una luce continua sfarfallante” (“a continuous flickering light” - [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link] “Centinaia e centinaia di cannoni ... vomitarono migliaia di proiettili sulle linee tedesche, che sibilando sulle nostre teste producevano un frastuono infernale. Gli scoppi illuminavano tutta la valle” (G. Pieri, Ricordi di un veterano del Bafile, San Marco, cit.). Ricorda Pieri “Rintanati nelle nostre postazioni commentavamo la poco invidiabile situazione di quei poveri tedeschi che senza colpe erano costretti a subire e morire, senza sapere perché. Ma era la guerra che essi avevano scatenato”.
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12/05/2009 14.18
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“L'artiglieria del 10° Corpo d'Armata, comprese alcune delle batterie neozelandesi, e l'aviazione diedero supporto ai Polacchi durante la battaglia. L'artiglieria neozelandese rispose a molte richieste di fuoco di controbatteria e anti-mortaio su Monte Cairo, Terelle, Belmonte ed Atina per diminuire il volume di fuoco che il nemico stava abbattendo sul settore Polacco, e inoltre contribuì a coprire la ritirata dei Polacchi”. E inoltre “All'interno della Seconda Divisione Neozelandese fu ideato un piano per simulare una minaccia lungo il tratto La Selva-San Biagio della strada per Atina, lungo il fronte della Seconda Brigata Indipendente di Paracadutisti. L'artiglieria (5° Reggimento neozelandese da campagna, una batteria da campagna sudafricana e un mezzo sudafricano di media grandezza) avrebbero sparato una serie continue di salve per 42 minuti, iniziando alle 2 del mattino del 12 maggio, contro Monte Santa Croce ed il suo versante occidentale, e un gruppo di cannoni pesanti antiaerei avrebbe sparato contro Monte Carella. I mortai da 4.2 e da 3 pollici e le mitragliatrici Vickers avrebbero dovuto coprire il fianco destro dell'”attacco” e fucilieri armati di mitragliatrici Bren provenienti da uno dei battaglioni di paracadutisti avrebbero dovuto avanzare e ingaggiare alcuni specifici bersagli sui pendii di Monte Santa Croce. Due mezzi dello Squadrone C del 18° Reggimento Corazzato di carri armati avrebbero dovuto manovrare sulla strada vicino a La Selva. Presumendo che il nemico avrebbe pensato che questo “attacco” fosse fallito, la Divisione aveva il compito di simulare un altro attacco verso San Biagio durante la notte del 13-14 maggio” (K. Robin, op. cit.).
Nota dell'AmministratoreLa carta per meglio comprendere le indicazione sopra riportate è disponibile a:
[Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
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13/05/2009 14.26
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Oggi 13 maggio 1944 continuava l'attacco alleato contro Montecassino e la Linea Gustav. Nell'alta valle del Rapido, la 5a Divisione Alpina (“Gebirgsjager”) manteneva le sue posizioni: “Nonostante la 5a Divisione Alpina … fosse una delle formazioni da cui venivano rimossi organici (a volte anche intere compagnie) per arginare l'urto dell'Ottava Armata nella Valle del Liri, i Tedeschi chiaramente intendevano mantenere questa parte del fronte, da Cassino verso nord, il più a lungo possibile” (K. Robin, The Official History of New Zealand in the Second World War, citato). Il Comando Neozelandese ordinò alle truppe del suo settore di “preparare pattuglie da combattimento, che avrebbero dovuto muoversi dopo il calar delle tenebre nella notte 13-14 maggio, acquattarsi in posizioni adatte per relazionare sui movimenti nemici, e se possibile tendere imboscate alle pattuglie nemiche per aprire la strada ad un'avanzata generale” (ibidem). Sul lato sinistro, verso Cassino, pattuglie neozelandesi vennero a contatto col nemico su Colle Abate. Sul lato destro, verso San Biagio, i paracadutisti neozelandesi ripeterono il finto attacco della notte precedente contro Monte Santa Croce e Monte Carella. Al centro, nel settore del San Marco, “una pattuglia della 12a Brigata Motorizzata Sudafricana, nel settore centrale della Divisione, sorprese un gruppo nemico di sette uomini e uccise cinque di loro. I caduti vennero identificati come appartenenti al 1° Battaglione del 100° Reggimento Alpino, il che indicava che questo battaglione probabilmente si era allargato per coprire il ritiro di altre truppe che in precedenza si sapeva essere state in quella zona. Ciononostante i Tedeschi in questo settore erano molto in allerta, sparando di continuo traccianti luminosi e luci Very, e tranciarono con cariche cave e fuoco di mortaio le linee di comunicazione della brigata” (ibidem). “...quando una pattuglia nemica infiltrò le posizioni del FC/CTH [Reggimento sudafricano First City/Cape Town Highlanders, posizionato sulla destra orografica del Rapido fra Valleluce e Sant'Elia] e fu ingaggiata nella notte 13/14 maggio il Soldato Semplice A. S. Everett fu ucciso e altri tre feriti. Il nemico perse cinque morti e tre feriti, che furono identificati come appartenenti al 1° Battaglione del 100° Reggimento della 5a Divisione Alpina. Poco dopo questo episodio una bomba di mortaio vagante [“stray”] ferì due altri membri della truppa, e quella notte una pattuglia dei Carabinieri [“Royal Nathan Carbineer” sudafricani] perse quattro caduti e due feriti in una trappola esplosiva [“booby trap”]” (N. Orpen, South African Forces WW2, op. cit.).
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14/05/2009 08.28
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Nel tardo pomeriggio del 14 l'artiglieria neozelandese stese un velo di fumogeni sull'area dove la strada Cassino-Atina passa nella breccia fra Monte Belvedere e Monte Cifalco, e in un misto di fumo e nebbia i Sudafricani simularono un attacco con fuoco di mitragliatrici e di mortai. Nonostante questo scatenasse solo una scarsa risposta immediata da parte del nemico, questi apparentemente ritenne che la manovra preannunciasse un attacco notturno, e dopo il calar delle tenebre distribuì così tanto fuoco difensivo di tutti i tipi sul fronte neozelandese che le pattuglie furono gravemente impedite, e a volte addirittura inchiodate al suolo. Aerei nemici, ora più in evidenza di quanto non fossero stati nel periodo precedente, bombardarono Hove Dump e le strade di rifornimento...” (K. Robin, op. cit.).
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15/05/2009 11.32
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 15 maggio continuarono le incursioni aeree, iniziate nella notte, contro Hove Dump e contro le strade di rifornimento. Durante la notte fra il 15 e il 16, incursioni aeree [tedesche] presero di mira postazioni di artiglieria. Per il resto, la notte fra il 15 e il 16 maggio “fu molto calma e silenziosa, per cui il suono si sentiva fino da molto lontano. Si poterono udire senza sforzo convogli di muli e squadre di lavoratori del nemico, che furono presi di mira con cannoni e mortai” (K. Robin, op. cit.).
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16/05/2009 17.37
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Nella notte del 15 Maggio [fra 15 e 16] la Luftwaffe ritornò all'attacco, bombardando senza grandi conseguenze il Quartier Generale della Brigata [12a Brigata Motorizzata sudafricana, lungo la strada fra Vallerotonda e Sant'Elia poco a sud-ovest di Vallerotonda], inoltre le batterie da campagna 1/16 e 3/17 furono cannoneggiate senza riportare danni. Ma l'FC/CTH [Reggimento First City/Cape Town Highlanders] ebbe due caduti prima dell'alba del 16 maggio come risultato di una granata lanciata contro quella che si sospettava essere una pattuglia nemica” [N. Orpen, op. cit.].
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17/05/2009 12.48
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 17 maggio il Corpo di Spedizione Francese espugna Esperia, con ciò rendendo di fatto indifendibile la Linea Gustav. I Polacchi lanciano il loro attacco finale contro Montecassino, che i Tedeschi evacueranno nella notte. Nel settore a nord-est i Tedeschi non si danno per vinti e continuano ad attaccare con pattuglie: “...[il mattino del 17 maggio] un attacco nemico contro l'avamposto della Reeves Force a quota 629 fu respinto. Gli Italiani di una Compagnia di Roma [Royal Marines, cioè il San Marco] persero 11 caduti nell'azione, e l'identificazione di un morto tedesco mostrò che il 100° Reggimento alpino era ancora in posizione” (N. Orpen, op. cit.). Sempre il 17 maggio, in un'altra azione notturna, una pattuglia tedesca catturò cinque o sei marinai del San Marco: “In circostanze che non poterono mai essere chiarite, cinque uomini appena giunti in una postazione di Monte Cicurro furono sopraffatti da numerosi Tedeschi lì appostati e presi prigionieri” (L. Fulvi, op. cit.). Pieri (San Marco, cit.) cita un episodio molto simile senza specificarne la data, in cui “due marinai persero la vita e quattro furono fatti prigionieri” e commenta subito dopo “Fu l'unico episodio increscioso che il Bafile ebbe in 54 giorni di permanenza a Cassino”. Sembra quindi che un'unica volta i Tedeschi riuscirono a fare dei prigionieri fra gli uomini del San Marco, e che ciò avvenne il 17 maggio. Lo stesso episodio è ricordato in “Le fanterie di marina italiane” (Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1998) che lo data al 18 maggio basandosi probabilmente su una diversa interpretazione dell'opera di Fulvi. La data del 17 maggio è però assolutamente sicura, perché certificata per iscritto dai Tedeschi nell'immediatezza dei fatti, come vedremo nei prossimi giorni. In quella data quindi il San Marco ebbe 11 caduti e 5-6 prigionieri: “Quella giornata che era stata di olocausto per i Polacchi ma di vittoria per gli Alleati fu una brutta giornata per il San Marco” (L. Fulvi. op. cit.).
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18/05/2009 00.09
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
[18 maggio, parte prima]
Sessantacinque anni fa oggi alle 10:30 circa del mattino la bandiera polacca veniva issata sulle rovine dell'Abbazia di Montecassino. La vittoria fu importante sul piano militare ed ebbe un impatto non meno importante sul piano emotivo. Ancora pochi giorni fa oggi (2009) un anziano professore universitario mi ha detto di ricordare molto bene la battaglia di Cassino, molto dura e sanguinosa già a detta delle cronache di quando lui era bambino. Gli italiani sapevano di non essere stati del tutto estranei a questo successo, e qualche anno dopo l'anonimo illustratore di una raccolta di figurine ormai dimenticata interpretò a modo suo la conquista di Montecassino, come si vede nell'immagine visibile su questo sito (http://www.dalvolturnoacassino.it/risorse/image_view.asp?id=2486&d=1&idr=00). In questa immagine non si deve, naturalmente, ricercare la verità “testuale” dei fatti, bensì l'orgoglio di un popolo nell'avere saputo dare, sia pure sconfitto e inferiore di mezzi, un contributo non insignificante ad un'importante vittoria militare utile alla propria liberazione. Notare che la bandiera italiana sulla figurina non ha lo stemma sabaudo, quindi è stata quasi certamente disegnata dopo il 2 giugno 1946.
Il 18 maggio 1944 i Tedeschi erano quindi ormai in ritirata, ma nell'alta valle del Rapido continuavano ciononostante ad attaccare aggressivamente. Su Colle Abate vicino alla strada per Terelle una pattuglia attaccò una compagnia del 26° Battaglione neozelandese, ma fu respinta con forti perdite (K. Robin, op. cit.). Subito a destra “ ... i mortai nemici continuarono a far cadere bombe sulle postazioni sudafricane più avanzate, e poco prima di mezzanotte [del 18 maggio] il Quartier Generale Tattico della Reeves Force fu pesantemente bombardato. Otto Italiani della Compagnia di Riserva del Bafile furono uccisi e 15 feriti” (N. Orpen, op. cit.). Ventitre fra morti e feriti, un bilancio ancora peggiore di quello del giorno prima. La compagnia di riserva era quella delle tre che, a rotazione, veniva ritirata dalle postazioni avanzate (Monte Cicurro, Mulino del Vado, Valvori...) e veniva alloggiata nel cosiddetto “campo di riposo”, situato nella valle dell'Ancina. “Il piccolo ordinato accampamento della compagnia di rincalzo era, come già accennato, situato a poco più di un chilometro da Vallerotonda ed a 400 metri circa dalla casa rurale utilizzata come sede di comando tattico del battaglione. I marinai lo chiamavano “campo di riposo” perché lì, per dieci giorni, tra linea e linea, tutti potevano mangiare un pasto caldo e dormire al riparo della tenda, sullo “strapuntino” riempito di paglia asciutta” (L. Fulvi, op. cit.). [segue]
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18/05/2009 00.54
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
[18 maggio, parte seconda]
Pieri (op. cit.) ricorda l'episodio del bombardamento: “...alle 20 circa, ... all'improvviso un violentissimo cannoneggiamento tedesco investì l'accampamento ... riservato alle compagnie e ai turni di riposo. Fortuna volle che i marinai avevano montato le tende sparpagliandole in un vasto raggio”. “...medici e infermieri lavorarono tutta la notte, operando sommariamente quei corpi straziati dalle granate che con precisione millimetrica sfioravano il costone, da cui credevamo essere al riparo. Fu una notte d'inferno...”. “Nel punto dove mi ero riparato mi cadde addosso un marinaio ... con un brivido mi accorsi che aveva una lunga scheggia sul petto”. Portatolo all'infermeria “il medico che si avvicinò scosse la testa e disse che era morto. Il suo nome non l'ho mai saputo, era notte e c'era un gran trambusto di ordini e grida dei feriti”. “mentre ... ci mettevamo al riparo ... all'interno di una buca, con una spinta feci in tempo a mettere in salvo nella buca stessa il mio comandante di plotone il G.M. [Guardiamarina] Sig. Nessi, che poco dopo organizzò la squadra per evacuare i feriti” [rectius Nesci, come giustamente lo ricorda Fulvi – Domenico Nesci, nato il 12/5/1944, abitante a Reggio Calabria]. Si distinsero nell'assistenza ai feriti secondo il ricordo di Fulvi, oltre a Nesci, il G.M. Bernini [Giandanese Bernini, nato il 28/6/1922, abitante a Verona], il Tenente Marchio [rectius Marchi, Anselmo – Tenente di Vascello, cadrà a Belvedere Ostrense il 21 luglio 1944, Medaglia d'Oro alla memoria: [Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link] Si distinse anche il cannoniere Mario Giorgini, ferito egli stesso. Fra i Caduti, il 2° Capo Vito Mezzina. Il fuochista Toncetti perse una gamba, Pieri lo rivide “nella sua Pola” molti anni dopo la guerra. Il medico era il Sottotenente Medico Emilio Pirastu.
Sia Pieri che Fulvi ritengono che la precisione con cui fu portato l'attacco di artiglieria al campo di riposo sia da mettere in relazione con l'interrogatorio dei marinai catturati il giorno prima su Monte Cicurro. “Evidentemente per l'abile interrogatorio riservato ai nostri prigionieri dai tedeschi, questi poterono individuare l'ubicazione del comando di compagnia” (Pieri). “O per informazioni tratte dall'abile interrogatorio dei cinque prigionieri, o per l'osservazione diretta di qualche infiltrato che ne poté individuare l'ubicazione” i Tedeschi furono in grado di portare l'attacco sopra descritto (Fulvi).
Il particolare dello “strapuntino” su cui si dormiva nel campo di riposo (a differenza delle postazioni avanzate, dove si dormiva per terra), unitamente all'entità della carneficina, impressionante secondo tutte le fonti, mi fa ritenere che questo possa essere stato l'episodio in cui mio padre, tornando al mattino da una missione notturna, trovò il campo devastato e il suo stesso giaciglio perforato da decine di schegge (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=112&p=3&lang=ita&bar=no).
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18/05/2009 10.51
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Errata corrige: Domenico Nesci, nato il 12/5/1922. Scusate il lapsus.
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19/05/2009 12.23
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Il 19 maggio i Tedeschi, che pure erano in ritirata o in procinto di ritirarsi, “presero un'iniziativa da guerra psicologica” nel settore del San Marco. “Convinti di avere, con il cannoneggiamento e la cattura dei cinque uomini, scosso il morale dei marinai del “Bafile”, inondarono l'area della linea e quella immediatamente a tergo di manifestini lanciati per mezzo di mortai, con i quali i marinai venivano invitati alla diserzione o addirittura al passaggio al nemico [su questo sito sarà a breve visibile un'immagine dei volantini]. La reazione fu totalmente opposta a quella sperata. Non ci furono ovviamente né defezioni né diserzioni, ma anzi per la rabbia di sentirsi così sottovalutati ed insultati dai tedeschi i marinai accentuarono la loro determinazione e la loro combattività e molti dei feriti da schegge e da proiettili in modo non grave vollero tornare in linea bendati o con sommarie medicazioni, per prendere il posto dei compagni caduti e partecipare a nuove azioni. Si può dire che il maldestro tentativo tedesco di indurre gli uomini del “Bafile” alla diserzione fece scattare un meccanismo di rivolta al disonorevole invito, per cui all'atteggiamento difensivo necessariamente tenuto fin allora dai marinai ne seguì uno di temeraria aggressività. Per tutte le notti che il “Bafile” mantenne ancora il fronte sul Rapido, pattuglie aggressive di arditi e di assaltatori di compagnia tormentarono le postazioni tedesche, non dandogli tregua e assestandogli dure stoccate. E come a volte accade, nonostante l'alto rischio delle azioni intraprese non ci furono negli ultimi giorni perdite di vite, ma solo qualche ferito” (L. Fulvi, op. cit.). Anche Pieri (op. cit.) ricorda il lancio di volantini, che secondo il suo ricordo avvenne due volte, in due distinte occasioni: “non ci furono ovviamente né defezioni né diserzioni nei nostri reparti, gli uomini del Bafile rimasero saldi ai loro posti, come erano usi rimanere al loro posto di combattimento sulle navi”. A proposito di navi, Fulvi nota che chiamare “soldati” uomini che si sentivano prima di tutto marinai “era quanto di più psicologicamente sbagliato si potesse fare!”.
Il volantino conferma la data del 17 maggio come quella in cui furono catturati i marinai del Bafile, e ne cita il numero esatto: sei. Inoltre afferma che il comandante della 1a compagnia, Cap. Raimondi, aveva disertato. Questa notizia godette di qualche credito fra i marinai, tanto che Pieri scrive “...con sorpresa venimmo a sapere [dal volantino tedesco] che il comandante della nostra compagnia [la prima, di cui Pieri stesso faceva parte] era passato al nemico. Ciò non fu mai confermato né smentito, ma da quel giorno non lo vedemmo più, poiché il comando lo prese il Sig. Occhetto, capitano dei Bersaglieri”. Fulvi invece è categorico: “Ciò [la diserzione di Raimondi] era falso e tendenzioso, perché tale ufficiale [Raimondi] già Comandante della 1a compagnia era stato ferito gravemente ad una mano ed ospedalizzato per le cure del caso”.
Nota dell'AmministratoreL'immagine del volantino citato è disponibile a:
[Solo gli amministratori hanno il permesso di visualizzare questo link]
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20/05/2009 00.37
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il giorno dopo, 20 maggio, pattuglie nemiche tentarono di infiltrare il villaggio di Valvori nel settore ILH/KimR [lo stesso del San Marco] ma furono respinte, e quella notte i neozelandesi iniziarono a sostituire la 12a Brigata Motorizzata Sudafricana” (N. Orpen, op. cit.). Nella notte fra il 20 e il 21 maggio e nelle due notti seguenti la 12a Brigata Motorizzata Sudafricana fu trasferita in previsione dell'avanzata su Roma. Fu sostituita da un gruppo di unità neozelandesi. Il Battaglione Bafile, che non era destinato ad avanzare su Roma ma ad essere spostato sul fronte adriatico col Corpo Italiano di Liberazione, fu aggregato per gli ultimi giorni di permanenza sul Rapido alla “Wilders Force”, una Divisione di Cavalleria neozelandese appiedata (cioè smontata dai suoi mezzi corazzati) comandata dal Tenente Colonnello N.P. Wilder. Questi, classe 1914, era come tutti i neozelandesi reduce d'Africa, e là era stato ferito dagli Italiani il 14/9/42 a Barce in Libia (K. Robin, op. cit.). Questo particolare può spiegare perché nella citata opera di Robin (la storia ufficiale neozelandese) il Battaglione Bafile viene a volte derisoriamente definito “più esotico che marziale”. Evidentemente a differenza del Generale Freyberg (che elogiò il San Marco e si adoperò fattivamente per l'entrata in linea del Battaglione Grado) non tutti i neozelandesi erano ben disposti verso un Reggimento (il San Marco) che avevano combattuto da avversari in Nord Africa. Il notare così sarcasticamente, e in modo non del tutto giustificato, l'inesperienza e lo scarso equipaggiamento dei nuovi alleati italiani non può essere spiegato diversamente. A loro volta i neozelandesi vennero scherniti dai sudafricani in modo più diplomatico: nel riferire l'avvicendamento dei Royal Nathan Carbineers sudafricani da parte di unità neozelandesi il 21/22 maggio sul fronte di Cassino, N. Orpen (op. cit.) scrive che i Carbineers “furono di nuovo piuttosto sbalorditi dal rumore fatto dagli espertissimi neozelandesi mentre si avvicinavano indossando gli stivali”.I Canadesi del Westminster, aggregati al San Marco in aprile (“Corbould Force”) non avevano combattuto in Nord Africa e descrivono il battaglione della Regia Marina obiettivamente ma con più serietà: “...era composto di 1.000 marines italiani che dopo aver lasciato le loro navi a Malta si erano offerti volontari per portare il loro aiuto alla causa alleata a terra. Ricchi di entusiasmo, erano a corto di addestramento per la guerra terrestre, e soffrirono gravi perdite” (The Westminster's war diary, citato). Il Sergente dei Westminster's Fred West conferma lo stesso concetto (“non avevano l'addestramento della fanteria e facevano molto più rumore di noi ... questo è il motivo per cui subirono molti più bombardamenti di noi”) e aggiunge “Comunque ritengo che abbiano imparato sul campo, perché divennero un sacco più silenziosi dopo quel pesante bombardamento che subirono” (http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/doc.asp?id=153&bar=no) .
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21/05/2009 00.17
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“La parte del settore della 2a Brigata Paracadutista Indipendente [neozelandese] a est della strada che andava dalla valle del Volturno a San Biagio fu lasciata al comando del Corpo Italiano di Liberazione nella notte 21-22 maggio, quando gli Italiani rilevarono il battaglione di paracadutisti che teneva quella posizione. La brigata di paracadutisti, avendo già in precedenza ritirato un altro dei suoi battaglioni, ora teneva il suo fronte, ridotto, con solo il 5° battaglione, e la strada divenne il confine fra la Seconda Divisione neozelandese e il Corpo italiano” (K. Robin, op. cit.).
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22/05/2009 11.05
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Perse Cassino e Montecassino, le truppe tedesche a ovest di Monte Cairo si erano ormai ritirate sulla Linea Hitler, ora rinominata Linea Senger per espresso volere del Fuhrer che ne presagiva prossima la caduta. Monte Cairo era lo “snodo” fra la Gustav e la Hitler/Senger: quest'ultima coincideva con la Gustav fino a Monte Cairo compreso, poi se ne dipartiva con un decorso più arretrato, attraversando Piedimonte e Aquino. I Tedeschi continuavano a essere trincerati su Monte Cairo e nell'alta valle del Rapido e da lì continuavano i tiri d'artiglieria. Il 22 maggio il punto noto come “Jeep-Head” vicino a Vallerotonda fu bersagliato da tiri d'artiglieria, che ferirono quattro soldati del reggimento sudafricano FC/CTH (First City / Cape Town Highlanders – Orpen, op. cit.). Il 23, 24 e 25 maggio, mentre lungo la Via Casilina i Canadesi (fra cui il Westminster) avanzavano attraverso la linea Hitler/Senger ed il successivo sbarramento del fiume Melfa, nell'alta valle del Rapido gli alpini tedeschi continuavano a mantenere le loro posizioni.
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26/05/2009 00.11
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Infine, dopo che nella pianura i Canadesi avevano oltrepassato il fiume Melfa, i Tedeschi iniziarono a ritirarsi anche dalle montagne per evitare di essere presi alle spalle. “Il 26 maggio fu ovvio che il nemico, nonostante continuasse a sparare da Monte Cifalco con i mortai e dalle montagne retrostanti con i grossi calibri, stava ritirandosi dal fronte neozelandese [in cui si trovava anche il San Marco]. Un disertore che si presentò davanti alle linee del battaglione Maori a Colle Belvedere disse che la sua unità (un battaglione del 132° reggimento) si era ritirato due notti prima e aveva lasciato la sua compagnia per dimostrare la sua presenza fino alla notte successiva, quando anch'essa si era ritirata. Il battaglione Maori si trovò quel pomeriggio tardi [26 maggio], sotto il fuoco di mortai che uccise due uomini e ne ferì altri due. Quando il fuoco di artiglieria fu diretto contro i mortai, un gruppo di Tedeschi che portava un ferito su una barella e una bandiera della Croce Rossa fu visto marciare giù per la strada di Belmonte” (K. Robin, op. cit.).
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27/05/2009 00.06
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il 27 anche le posizioni [tedesche] che fronteggiavano il fiume Rapido vennero abbandonate e cessarono i cannoneggiamenti ed i micidiali colpi di mortaio che avevano tormentato gli uomini del Bafile” (Fulvi, op. cit.). I Tedeschi nella notte avevano completato il loro disimpegno e stavano ripiegando ordinatamente verso nord. Le truppe neozelandesi ed alleate iniziarono ad avanzare occupando i villaggi che poco prima erano in mano tedesca. Belmonte fu occupato alle 6 del mattino, dopodiché le truppe continuarono ad avanzare, catturando 11 prigionieri, fino a raggiungere Atina nel pomeriggio, dopo aver superato tratti di strada distrutti dai tedeschi in ritirata. Dal settore più prossimo al San Marco si staccò un battaglione del reggimento Essex, che avanzò accompagnato da genieri lungo la strada che dalla valle del Rapido saliva verso la sella fra Colle Belvedere e Monte Cifalco e poi verso Atina. La strada era impraticabile a causa di lunghi tratti minati o demoliti, e i genieri protetti dagli Inglesi dovettero lavorare per ripristinarla fino al giorno dopo (28 maggio) quando anch'essi entrarono in Atina da questa direttrice. Più a nord il 5° battaglione paracadutisti neozelandesi raggiunse San Biagio, trovandolo abbandonato dal nemico. Nelle colline fra le rotabili e sul Monte Cifalco vennero trovate solo postazioni abbandonate, molte delle quali insidiose per la presenza di mine o di trappole esplosive. Subito a nord di questo settore anche il Corpo Italiano di Liberazione cominciò ad avanzare. La sera del 27 truppe italiane raggiunsero San Biagio e la mattina dopo (28 maggio) occuparono Picinisco. (K. Robin, op. cit.). L'occupazione di Picinisco da parte di pattuglie di alpini e di arditi del CIL fu citata dal bollettino del Comando Alleato: “truppe italiane del CIL avevano avanzato per 8 chilometri attraverso i monti del Parco Nazionale d'Abruzzo, occupando la città di Picinisco a 17 Km. A nord di Cassino” (Fulvi, op. cit. - Fulvi peraltro data l'occupazione di Picinisco al 29 maggio, un giorno dopo la data riportata da Robin). Più a est nelle Mainarde il CIL occupò il 27 Monte Mare e Colle dell'Altare, il 28 dopo un intenso combattimento occuparono il “Balzo della Cicogna” e Valle Latina, catturando alcuni prigionieri. Il San Marco, concluso il ciclo operativo a Cassino alle dipendenze del XIII° Corpo d'Armata e poi del X°, era destinato a raggiungere il CIL e a spostarsi con esso nel settore adriatico, e stava ormai anch'esso per abbandonare le posizioni che aveva presidiato dal 9 aprile.
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27/05/2009 23.12
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
Errata corrige: (1) i reparti italiani che entrarono a Picinisco il 28 maggio furono gli arditi del IX reparto d'assalto (cfr. l'opera scritta da S.E. Crapanzano per lo Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico: Il Corpo Italiano di Liberazione, Roma 1950 - "Alle ore 10 circa [del 28/5] gli arditi del IX reparto d'assalto raggiungono ed occupano Picinisco"); L. Fulvi (op. cit.) aggiunge che vi furono degli alpini, ma ciò non è confermato da Crapanzano ed è anche improbabile visto che gli alpini stavano in quelle ore combattendo duramente da tutt'altra parte;(2) il nome della città occupata il 28 dagli Italiani è "Villa Latina", non "Valle Latina" (ibidem: "Nel pomeriggio, verso le ore 18, una pattuglia arditi inviata da Picinisco verso Villa Latina si scontra con una pattuglia guastatori tedesca montata su camionetta e sostenuta da una squadra fucilieri appiedata. Il nemico ha la peggio e si ritira verso Atina abbandonando nelle nostre mani una mitragliatrice, due fucili mitragliatori e un lanciabombe"). Mi scuso per le imprecisioni e ringrazio l'amico Alberto Turinetti di Priero che me le ha fatte notare, unitamente ad altre interessanti considerazioni che mi ha inviato.
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28/05/2009 00.31
Oggetto: RE: Oggi, sessantacinque anni fa
“Il giorno 28 al “San Marco” ... veniva impartito l'ordine di trasferirsi sul fronte Adriatico ... Sul fronte del Rapido, ormai muti i cannoni tedeschi, i marinai del “Bafile” avevano lasciato le posizioni tenute con tanto sacrificio per 50 giorni e camminando finalmente allo scoperto avevano raggiunto a piedi, armi e bagagli in spalla, la loro base logistica, nel paese di Acquafondata. Da lì, il 29 maggio, si erano imbarcati su una lunga colonna di autocarri britannici, per andare ad unirsi agli altri reparti del Corpo Italiano di Liberazione del quale, dal giorno avanti, erano passati alle dipendenze operative” (L. Fulvi, op. cit.). Un Reduce del San Marco, che era a Cassino, mi ha fatto avere copia del libro di Fulvi da lui annotata, dove fra l'altro commenta: “No, gli autocarri erano italiani”. Fulvi tuttavia è nel giusto quando compila la seguente sobria statistica: “Le perdite del Battaglione “Bafile” dal 9 aprile al 28 maggio furono: Morti 1 Ufficiale [L'Aspirante Guardiamarina Augusto Cesare Albanesi], 2 Sottufficiali, 18 S.C. [Sottocapi] e Comuni. Feriti 2 Ufficiali [uno dei due fu il Sottotenente del Genio Navale che mi ha fatto avere le sue note, comandante del I° plotone fucilieri della IIa Compagnia – egli fu ferito da schegge di mortaio sul Rapido poco prima dell'11 maggio], 2 Sottufficiali, 34 S.C. e Comuni. Dispersi 8 S.C. e Comuni (Vds. foglio n. 1307 data 6 luglio 1944 di Maristat al Comando Supremo)”. Non c'è che io sappia un elenco nominativo dei Caduti del San Marco a Cassino, tuttavia A. Ricchezza (“La verità sulla battaglia di Cassino, Pozzo, Torino, 1958) elenca erroneamente ma provvidenzialmente i caduti del San Marco in calce a quelli della “Nembo”. Apre la lista l'Ardito Domenico Cortese, primo caduto del San Marco a Cassino in data 11 aprile. Riporto qui i 20 successivi (i Caduti sul fronte di Cassino furono in tutto 21, v. sopra), perché mi sembra probabile che almeno la maggior parte di essi sia caduta sul fronte di Cassino: Sbaffoni Raimondo, Giacchini Giovanni, Chiari Antonio, Antonioli Giovanni, Ciaramelli Mauro, Padovan Felice, Perisinoti Valentino, Zuriotti Andrea, Spazini Mario, Albanesi Cesare Augusto, Bazzo Michele, Bidone Domenico, Cammelo Enrico, Tancredi Lombardino, Sarno Ludovico, Frigerio Guglielmo, Burioni Angelo, Petito Luigi, Mezzina Vito, Ferracutti Dario.
Scrive Pieri (op. cit.) “Rimanevano solo i ricordi, tanti ricordi dei compagni caduti in questi luoghi che ora noi lasceremo, ma che non dimenticheremo. Ricordi dei momenti di raccoglimento pensoso prima di partire in rischiose pattuglie. Ricordi del brivido provocato dal sibilo acuto di una granata in arrivo o dello sfarfallio del mortaio prima dello scoppio. Ricordi di stanchezza snervante nelle notti sotto la pioggia senza uno straccio di cerata per ripararsi, di dolore e di paure. Ma felici di avere fatto il proprio dovere, con l'incoscienza dei nostri vent'anni e orgogliosi di essere marinai di un reparto per noi glorioso come il “San Marco”.
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